Trentasette palloni giocati. Contro 33. La differenza tra la partita di Dzeko contro l’Atletico e la performance contro il Verona non è sicuramente misurabile in quantità di coinvolgimento del gioco. Semmai, Dzeko ha avuto più possibilità di incidere in zona gol. Perché l’avversario ha lasciato ampi spazi verdi senza provare a riempirli, sia perché la Roma si è mossa molto meglio di squadra nella metà campo avversaria.
CORRETTIVI – Non c’è stato un vero cambiamento di modulo. Di Francesco ha schierato sempre il solito 4-3-3 che in fase di non possesso diventa 4-1-4-1. Ma con El Shaarawy e soprattutto Ünder la Roma ha cercato molto di più la profondità, infilandosi dietro alle linee del Verona, supportata dal movimento armonico delle mezzali, Pellegrini e Nainggolan, e la sovrapposizione dei terzini, più Florenzi di Kolarov. Non è una coincidenza che Dzeko si sia sentito meno solo in attacco sabato sera. Ma anche qui, non perché Nainggolan sia stato più coinvolto nel gioco: anzi, i palloni toccati nel suo caso sono stati esattamente gli stessi (54) e la percentuale di passaggi riusciti contro l’Atletico è stata migliore (89,5% contro 87%).
ANALISI – La Roma è stata più pericolosa, al di là dell’abisso che separa i due avversari, perché aveva 8 uomini mediamente nella metà campo del Verona. Questo le ha consentito di rubare palla “alto” e di alzare il quoziente di verticalità come chiede l’allenatore. Come si è visto per esempio nella splendida azione del primo gol. E a proposito di Dzeko, i grafici Opta svelano che contro l’Atletico Madrid il giocatore più avanzato della squadra non fosse lui ma Perotti. E Simeone aveva costretto 6 uomini su 10 a rimanere dietro alla linea di centrocampo: tra questi proprio Nainggolan.
SERENITA’ – Al resto ha provveduto il buon senso. Di Francesco ha risposto per le rime in sala stampa a Dzeko ma, dopo il chiarimento privato tra i due, non lo ha tolto di squadra. Si sarebbe fatto del male da solo.