Numeri uno si nasce. E lui modestamente (pure troppo: mai sopra le righe è una rarità per un portiere) lo nacque. Parafrasare Totò alla vigilia di una gara contro il Napoli può sembrare un azzardo, ma lo è a maggior ragione mettere in discussione la centralità di un elemento come Olsen per qualche uscita a vuoto. Più metaforica che pratica, a dirla tutta.
Che Robin non stia attraversando il miglior momento della sua stagione – per il resto più che positiva – è innegabile. Ma quell’alternanza di alti e bassi che è fisiologica per qualsiasi giocatore, passa sotto la lente d’ingrandimento quando coinvolge ogni interprete di un ruolo così delicato. E allora i giorni scorsi sono stati tutto un fiorire di illazioni sull’eventuale passaggio in secondo piano dello svedese, autore di qualche prova al di sotto delle aspettative, anche con la sua nazionale oltre che con la Roma. Le consuete voci incontrollate che chiamano in causa “gli amici degli amici che sanno sempre tutto” volevano già declassato il numero uno giallorosso nelle gerarchie di Ranieri. (…)
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