I concetti sono quelli di un leader. Anche se di anni ne ha 21, ha appena due presenze in Nazionale maggiore e 68 in serie A, 47 con il Sassuolo e 21 con la Roma, dov’è tornato quest’anno, richiamato in grande fretta dalla Casa Madre (con 10 milioni cash). E a livello internazionale, le apparizioni, a parte l’azzurro, sono 11 (5 in Euroleague e 6 in Champions) con un gol. Eppure quasi ti sorprendi nel sentire che «ci siamo stancati di vedere gli altri vincere», «Messi è il più forte del mondo ma ha perso anche lui e magari lo battiamo fra qualche giorno». E non è la spavalderia tipica del teenager, non una sbruffonata. Pensieri ragionati, sulla Roma e sull’Italia (con tanto di complimenti per la qualificazione dell’Under 19, «sono davvero contento, non era facile e io lo so»), su se stesso e sul futuro. Pensieri da leader.
Pellegrini, a Wembley domani sera sarà il simbolo della linea verde azzurra, di un movimento che cerca di ripartire da voi: spieghiamo? «Tutti vogliamo lasciare il segno, ma non è una cosa semplice, non ci arrivi dalla mattina alla sera. Il lavoro paga sempre, bisognerà ricominciare, crescere insieme. Per noi, per l’Italia, per l’orgoglio. Ci siamo stancati di vedere sempre gli altri vincere».
Partiamo dall’ultima, sconfitta contro l’Argentina. Cosa rappresenta? «Un momento di crescita, dobbiamo farlo un po’ tutti. Rubando dagli altri quello che al momento non abbiamo. L’importante non è vincere le amichevoli, ma recuperare una forza di gruppo».
Siamo così indietro rispetto all’Argentina? «Come forza, siamo al loro livello. Magari hanno un po’ più di esperienza. Penso a Lo Celso, che fa la Champions con Psg tutti gli anni, e a me che invece ci gioco per il primo anno ed è un torneo di un altro livello. Questo però deve aiutarci a crescere».
Se diciamo Buffon? «Esempio di professionalità, un capitano vero. Ti fa sentire a tuo agio, ti aiuta, ti dà serenità. Con lui è tutto più facile. Se fa la differenza deve giocare, a prescindere dell’età».
Il giudizio di Di Biagio dopo il ko di Manchester? «Contento dell’atteggiamento, soprattutto quello del secondo tempo, il 2-0 lo abbiamo preso perché eravamo sette in attacco a caccia del pareggio. Incarna un’italianità che ha bisogno di fare un salto in avanti, non solo nel calcio».
In azzurro indossa il numero 16… «Un onore, è quello di Daniele (De Rossi), sappiamo tutti che giocatore sia, penso stia attraversando uno dei momenti migliori della sua carriera. Ha avuto la fortuna di giocare per la propria città e per la proria Nazionale. Come sta capitando a me. Magari riuscissi a fare lo stesso percorso suo. Consigli? Non me ne ha dati, ma appena torno glieli chiedo».
A Roma, però, De Rossi (come Totti) ha vinto pochino, lei parla di ambizioni… «Vincere è il primo obiettivo per chiunque, calciatore e non. Lui e Francesco hanno fatto una scelta importante, tutti dicono che vincere una volta a Roma è come vincere 10 volte da un’altra parte. Spero di riuscire a capirlo presto, tutto passa dal lavoro, dall’ambizione tua e del club. La Roma è un passettino dietro rispetto ad altre squadre, ma se la società è ambiziosa, il problema di vincere o non vincere non me lo creo».
Clausola bassina, la Champions il prossimo anno è ancora un rebus, le big che premono: resterà a Roma? «Non credo cambi molto se riusciremo ad arrivare in Champions. E’ importante giocare partite di livello per un giovane che ha voglia di crescere. Anche in campionato. A Roma sto bene, penso soprattutto a crescere».
A proposito: quel Messi che non c’era l’altra sera lo incontrerà fra qualche giorno… (ride) «Avrei preferito invertire le assenze… Giocare contro il più forte del mondo, è una cosa fantastica, anche solo vederlo scendere in campo, comunque vada sarà un’esperienza positiva. Se poi riuscissimo anche a batterlo, farebbe piacere a tutti. Tranne che a lui…».
Ma Messi è così distante, ancora? «E’ un giocatore straordinario, ma di partite ne ha perse pure lui. Può fare la differenza, ma in campo vanno in 11. Sarebbe bello batterlo, magari subito…».