«Rivoluzione» è il termine maggiormente accostato alla Roma in queste settimane. È una rivoluzione pensare ad una squadra senza più De Rossi, che saluterà presumibilmente Manolas e Dzeko e che avrà un nuovo allenatore (Gasperini) più un nuovo direttore sportivo. Il lavoro che attende Petrachi non è facile. Il ds è pronto a liberarsi dal Torino. Anche il presidente Cairo, dopo aver fatto muro in questi mesi, si sta arrendendo: «Non posso sapere cosa farà Gianluca nei prossimi giorni.
Dimissioni? Ma che ne so, ma cosa m’importa, chiedetelo a lui Comunque ancora non ha presentato nessuna lettera». Lo farà, nei prossimi giorni. A quel punto, se la nomina ufficiale potrebbe slittare al 1° luglio visto che il Torino non vorrebbe concedergli sconti (ed è favorito in questo dalla modulistica federale), sarà comunque libero d’iniziare a lavorare per il club giallorosso.
LAVORO IMPROBO – In primis dovrà abbassare il monte-ingaggi (ora, senza Luca Pellegrini al Cagliari, è di 90,9 milioni lordi) e poi acquisire calciatori che s’integrino negli schemi di Gasperini. L’allenatore piemontese non è Sarri, più malleabile in generale nell’adattarsi alla rosa a disposizione. Per il suo 3-4-3 ha bisogno di elementi specifici. L’ennesimo ribaltone di mercato è dunque alle porte. Il rischio, però, rispetto al passato – quando la Roma poteva mettere in vetrina i propri prezzi pregiati, raccogliere plusvalenze e poi investire nuovamente anche grazie ai soldi della Champions – è che stavolta il modus operandi (al netto di qualche cessione inattesa, leggi Zaniolo) possa rivelarsi più difficile.
Perché il problema non è trovare un acquirente per Dzeko. Il bosniaco, anche se 33enne e con uno stipendio importante (4,5 milioni, 8,3 al lordo), ha ormai ammortizzato (4,2) il suo costo originario più i bonus maturati (21,053). E non lo sarà nemmeno per Manolas che ha una clausola rescissoria di 36 milioni. Paradossalmente neanche per Marcano, arrivato a parametro zero.
CONTI IN SOSPESO – Ci sono altri calciatori della rosa, però, dei quali sarà difficile liberarsi. Prendiamo ad esempio il caso di Pastore, l’emblema del flop estivo di Monchi. L’argentino, 30 anni a giugno, è stato pagato 24,6 milioni (più 1 di commissioni) e ha un contratto sino al 2023. Percepisce un ingaggio di 4 milioni (7,4 al lordo). Tradotto: a breve il valore residuo a bilancio sarà di 19,5 milioni.
Nel suo caso, l’unica strada percorribile appare il prestito, con il rischio però di doversi sobbarcare gran parte dello stipendio. Ma non finisce qui. Perché se Schick (e Karsdorp), flop dell’era monchiana, potrebbe forse ritagliarsi un ruolo alla Ilicic (e in quest’ottica i preliminari di Europa League potrebbero agevolare il lavoro di Petrachi e Gasperini: se si ritrova, rimane, altrimenti cessione/prestito in Germania), improbabile che ce la facciano calciatori come Olsen e Nzonzi.
Il francese classe ’88 è costato 27,9 milioni (più 1,5 di commissioni), guadagna 3,1 milioni (5,7 al lordo) e a bilancio pesa ancora per 22 milioni. Il portiere, invece, è costato meno (9 milioni più 2,3 di commissioni). Chi li vuole, però, giocherà al ribasso. C’è poi Perotti (ingaggio di 2,7 milioni, 5,0 lordi). Già la scorsa estate a Trigoria provarono a trovargli una sistemazione, scontrandosi con il parere negativo del calciatore.
L’argentino adora Gasperini («Mi ha cambiato la carriera») ma sono trascorsi ormai tre anni e Diego a luglio ne farà 31, reduce da una stagione nella quale è stato più in infermeria che in campo. Rischia di diventare un boomerang anche la valutazione (9,5 + 0,5 di commissioni) data a Santon. Per non fare minus-valenza, Petrachi dovrebbe cederlo a 8 milioni. Non pochi.
FONTE: Il Messaggero – S. Carina