Soffrendo soffrendo. Nella bolgia dell’Olimpiya Stadionu la Roma porta a casa il massimo risultato, ma la partita rimane in bilico fino all’ultimo respiro. Ed è un respiro di tensione quello dei tifosi giallorossi per tutta la seconda parte della gara contro il Qarabag, che si scioglie soltanto dopo il triplice fischio in un sospirone di sollievo. Per come era iniziata, con il doppio vantaggio accumulato nel primo quarto d’ora di gioco, ci si attendeva uno sviluppo decisamente più tranquillo. Ma se l’omonimo signore «ha fatto una brutta fine» nel detto popolare, una ragione ci deve essere. E nella serata gelida e piovosa di Baku è stata confermata. Mai abbassare la guardia, soprattutto in Champions, anche con avversari di livello inferiore, sulla carta e a dirla tutta anche nella realtà. Eppure la trasferta in Azerbaigian lascia in eredità tre punti benedetti per il prosieguo del girone e una classifica che ora sorride ai giallorossi, in vista del prossimo impegno a Stamford Bridge contro il Chelsea, ieri corsaro al Wanda Metropolitano. Non solo: la Roma torna a vincere lontano da casa nella massima competizione continentale dopo sette anni circa. L’ultima volta fu a Basilea nel 2010, Ranieri in panchina, Totti in campo (e in gol): una vita fa. Decisamente troppo tempo per non accogliere il successo di Baku come un evento più che positivo. Nonostante la sofferenza, che resta. A futura memoria, specialmente per aiutare le coronarie.
Anche in questa occasione Di Francesco fa ampio ricorso al turnover. Il tecnico cambia due terzi del centrocampo titolare, metà difesa e ripropone in attacco Defrel nel ruolo di esterno destro al fianco di Dzeko,complice anche lo stop di Perotti. L’avvio lascia ben presagire e sembra premiare le scelte dell’allenatore: la squadra non si scompone difronte all’onda d’urto di uno stadio in ebollizione, che soffia dietro ai propri giocatori con boati assordanti appena questi superano la metà campo. Ma il divario tecnico è evidente fin dalle primissime battute: se pressati, gli azeri vanno in difficoltà, alle volte anche estrema, come nella loro area di rigore, all’interno della quale per poco non porgono gentili omaggi all’attacco della Roma, che però non ne approfitta nella maniera più letale.
La sfida si sblocca ugualmente dopo poco. Sugli sviluppi di un calcio d’angolo da destra, il portiere del Qarabag Sehic smanaccia come può, ma la respinta capita sui piedi di Pellegrini che di prima prova a colpire verso la porta: ne esce un cross forte e teso, che Manolas spinge in rete di testa in tuffo. Dopo sette minuti la gara è già in discesa. Gli uomini di Di Francesco sono in totale controllo del campo,il pallone gira velocemente, la squadra è corta e tiene bene il campo, nonostante la pioggia battente. Al quarto d’ora il dominio manifesto dà i suoi frutti, con un’azione corale di rara bellezza, rifinita e trasformata in oro dai tre componenti dell’attacco: Defrel per El Shaarawy per Dzeko, il bosniaco accarezza la palla di petto prima di schiaffeggiarla sotto la traversa e lasciare impietrito Sehic.
Il Qarabag appare tramortito, il suo infiammato pubblico ridimensionato a fuocherello di paglia. Di contro la Roma fa più o meno quello che vuole, continua a mantenere il possesso e a dare l’impressione di poter colpire ancora di lì a breve. In rapida successione capitano occasioni sul tacco di El Shaarawy, sulla testa di Gonalons e sul destro di Dzeko. Il risultato appare a tutti incanalato più verso una goleada giallorossa, che verso una rimonta del Qarabag. Ma l’imponderabile è dietro l’angolo e il pressing azero sulla trequarti manda in confusione il regista francese, che perde un pallone velenosissimo, innescando involontariamente l’azione che porta al gol di Pedro Henrique. A fine match le statistiche conteranno la rete del numero 10, come l’unico tiro nello specchio della porta difesa da Alisson.
Lo svarione difensivo che permette ai padroni di casa di dimezzare le distanze, galvanizza il pubblico ma non cambia le carte tattiche e soprattutto tecniche della partita. Anzi, prima della fine del primo tempo suona come sprone per la Roma, più che come campanello d’allarme. El Shaarawy due volte (di testa la prima, in contropiede la seconda), Kolarov su punizione e Defrel innescato da una geniale apertura di Dzeko, hanno l’occasione per ristabilire le distanze e, di fatto, chiudere il match prima del riposo. Ma proprio l’intervallo con il risultato ancora in bilico, dopo gli ultimi tentativi sventati dal portiere degli azeri, dà probabilmente una scossa al Qarabag e anestetizza la Roma. Nella ripresa è tutta un’altra partita. Gonalons, probabilmente scottato dall’errore che è costato il gol, va in affanno in più di una circostanza (tanto che di lì a poco sarà sostituito da De Rossi), e gli stessi compagni di reparto, Nainggolan e Pellegrini, appaiono meno brillanti rispetto alla prima parte della gara. In attacco le cose non vanno meglio: Defrel accusa un fastidio al flessore sinistro e il suo posto viene preso da Florenzi, che si piazza alto. Ma la squadra smette di mordere, si allunga e arretra pericolosamente, mentre i padroni di casa a poco a poco prendono coraggio e rianimano anche i propri tifosi. L’impianto ridiventa la bolgia iniziale, pur facendo acqua da tutte le parti, in senso letterale.
Il resto è un brivido e una gioia. Il primo è quello che passa sulla schiena di ogni romanista quando a tempo scaduto Ndlovu fa tremare tutti con un colpo di testa che si spegne di un niente alato di Alisson. La seconda sono i tre punti. Che alla fine contano più di ogni cosa. Anche soffrendo. La vittoria del Chelsea a Madrid allo scadere del terzo minuti di recupero toglie ai giallorossi la soddisfazione del primato in coabitazione con gli inglesi, ma tiene a distanza di tre punti i madridisti di Simeone. Ci si penserà al prossimo impegno: l’appuntamento è a Stanford Bridge il 18 ottobre. La Roma ha trascorso la notte a Baku e stamattina tornerà in Italia. La ripresa degli allenamenti è prevista venerdì alle 11. Da valutare il sospetto stiramento di Defrel.