Per ora si può vincere anche così, con un colpo di biliardo su punizione che sarà l’unico tiro in porta di tutta una partita giocata non per scelta con il baricentro bassissimo: cose non da Roma, non da Di Francesco. Ma ad agosto va anche così, sei ancora costretto a pensare «Come eravamo?» e soprattutto a chiederti «Come saremo?». Domande che si è fatta anche l’Atalanta, che in casa non perdeva da dicembre e alla prima in A non vince dal 2008. E se l’è fatte non solo per il rimpianto di un clamoroso palo di Ilicic, punta dell’iceberg di un infruttuoso assedio finale. Che ha rafforzato una percezione già chiara: sarebbe stato più giusto un pari.
CHE KOLAROV – Netta anche un’altra sensazione: Atalanta e Roma sono destinate a crescere, forse molto. Una, quella di Gasperini, ha un’identità già consolidata ma un centrocampo troppo rivoluzionato per non suscitare paragoni con il passato. Hateboer ieri ha scavallato alla Conti solo all’inizio poi è arrossito via via di fronte a un Kolarov dai numeri straordinari (compreso un gol negato a Cornelius), mentre Gosens è ancora da compitino basico e oggi vale metà Spinazzola. Mettiamoci che anche l’uomo-continuità, Freuler, non ha brillato ed ecco che non è bastata la garanzia dei soliti principi di gioco: il tre contro tre difensivo non è un peccato (ma Hateboer a volte incarna una «tre e mezzo», abbassandosi di più), la pressione feroce in ogni zona del campo e le sfide uno contro uno sono una necessità, e partoriscono soprattutto al decollo contrasti vinti e seconde palle da giocare (non sempre bene) in vantaggio. Però da sinistra Gomez disegna meno ghirigori e arcobaleni, forse perché sa che non sbucherà Conti a vederli. E gli esterni di centrocampo vanno a leggere troppo di rado i momenti di debolezza dei terzini giallorossi.
DZEKO RIVEDIBILE – L’altra squadra, quella di Di Francesco, è ancora in costruzione e da completare. Ha provato a mettere in difficoltà l’Atalanta dove le era più facile, in mezzo, con una partita solida ed esperta più che dominante, anche se il decollo dell’azione è ancora ingolfato: tanto più se affidato, con De Rossi schiacciato o schermato, ai piedi di Manolas che sbaglia troppo in uscita. Anche per questo la produzione offensiva non è stata all’altezza, con Dzeko più generoso che mobile, e servito malino. In compenso la complessiva solidità difensiva, dopo un precampionato da due gol subìti a partita, è parsa una novità incoraggiante. A Di Francesco servono tempo e pazienza, ma intanto tenere aperta una striscia da 8 vittorie in trasferta è ossigeno per lavorare sull’apprendimento della sua filosofia: la difesa a volte non è ancora abbastanza alta, e il pressing collettivo pure; il palleggio per preparare i movimenti a tagliare dentro delle punte esterne ancora imperfetto, come l’alternanza con gli inserimenti degli interni; il gioco verticale un karma ancora troppo leggero. Al contrario delle gambe negli ultimi 15’.
DUE FOTOGRAFIE – Sono stati quelli in cui l’Atalanta, dopo una pausa per riordinare le idee, ha messo spalle al muro una Roma con meno compattezza fra i reparti. Fino a trasformare il 4-5-1 pensato da Di Francesco (dentro Fazio e Manolas laterale destro) quasi in un 5-3-2, con Pellegrini terzino. Dominante come in avvio di partita, quando il solito «elastico» di Kurtic — da destra in mezzo, per giocare in faccia a De Rossi, e viceversa — era parso più concreto di quello di Nainggolan, da interno sinistro a trequartista, pur con meno licenze dell’anno scorso. Due foto delle rispettive provvisorietà avevano generato le prime due palle gol: Masiello, prendendosi il rischio di stare altissimo, aveva autorizzato una combinazione Peres-Defrel, murato in extremis; De Rossi troppo «scoperto» aveva fatto altrettanto con Gomez — frustrato dalla mira altissima di Kurtic — prima di rifarsi con un salvataggio su Petagna.
IL TANDEM – È lì che cambia la partita, perché nel frattempo inizia a funzionare il tandem Nainggolan-Kolarov: il belga con i suoi movimenti porta il serbo a scompaginare le linee avversarie più dentro il campo e con uno dei suoi strappi, moltiplicati nella ripresa, gli offre una punizione dal limite che ne sollecita la furbizia. Palla sotto la barriera, che inganna i già discutibili riflessi di Berisha, e Atalanta costretta a un inseguimento che nella ripresa si fa più confuso ma non meno intenso. Gasperini lo organizza con un 3-4-1-2 più «puro», già con Kurtic e tanto più con Ilicic. Ma è lo sloveno, rinnovando il suo abbonamento con i pali (7 l’anno scorso, ma questo è un errore grave) a pochi centimetri dalla porta, a strozzare l’urlo dell’1-1. E forse neanche Di Francesco («È stata una vittoria sporca») avrebbe avuto da obiettare.