A Madrid, nella notte in cui la Roma non è riuscita a conquistare in anticipo la qualificazione agli ottavi, non è mancata la squadra. Che, nel comportamento, è rimasta se stessa. Aggressiva, padrona della situazione e, almeno fino a quando non è passata in svantaggio, anche equilibrata. Di Francesco lo ha riconosciuto ai suoi interpreti. Ai quali, però, ha rimproverato l’assenza di cattiveria al momento di chiudere l’azione. L’ultimo passaggio semplicemente la scelta finale. E’ lì che i giallorossi hanno fatto cilecca e, di conseguenza, perso il match con l’Atletico. Errori che non chiamano, però, in causa solo Dzeko che da 7 partite non fa centro, in campionato dal 1° ottobre, a San Siro contro il Milan, e in Champions, dalla doppietta di Stamford Bridge contro il Chelsea. Si è fermato a Londra, a quelle 2 reti. Ma non è solo lui il responsabile della frenata di mercoledì sera. La poca efficacia, giusto il palo di Nainggolan, tra l’altro cross più che conclusione vera e propria, e il tiretto centrale di Peres, è stata pagata al Metropolitano come mai in questa stagione. Finalizzazione minima che, oltre che da qualche movimento sbagliato del centravanti, è dipesa pure da giocate frettolose o sciatte di chi di solito disegna assist o comunque inviti per i compagni: Kolarov e Perotti a sinistra, lo stesso Gerson a destra o Pellegrini che, al rientro da titolare, non è proprio riuscito ad entrare in partita.
ABBONDANZA RITROVATA – Di Francesco lo ha chiamato cinismo. Ma la Roma, in attacco, ha perso improvvisamente pure la lucidità. Il reparto offensivo si è appoggiato, fin qui, esclusivamente su Dzeko, Perotti ed El Shaarawy. L’allenatore, però, solo in 2 partite ha schierato il tridente titolare. Contro l’Udinese e la Lazio, a distanza di quasi 2 mesi da un match all’altro. Sono loro i realizzatori del gruppo: Dzeko con 10 reti (7 in A e 3 in Champions), El Shaarawy con 5 (3 e 2) e Perotti con 4 (3 e 1). Perché il turnover ha funzionato solo con Gerson: 2 gol (entrambi in campionato e nella stessa partita). Gli altri ancora non hanno lasciato il segno: Defrel, Under e ovviamente Schick che è stato utilizzato solo nel finale della gara contro il Verona. Sono giocatori nuovi, cioè arrivati nel mercato estivo, e quindi da aspettare. La situazione, dunque, può solo migliorare. Perché in quel settore, con 7 interpreti a disposizione, preso ci sarà ampia scelta. Schick, più degli altri, è quello che dovrebbe permettere il salto di qualità. Sia nella finalizzazione che nella qualità. E’ appena tornato in gruppo, ieri ha segnato nella partitella, e potrebbe finire nella lista dei convocati per la partita di domenica a Marassi contro il Genoa.
RICAMBIO FONDAMENTALE – Il minutaggio dell’attacco della Roma chiarisce quanto Dzeko abbia bisogno, prima o poi, di riposare. E quindi quanto Di Francesco si aspetti di avere al meglio, e al più presto, Schick e lo stesso Defrel. Il centravanti titolare ha giocato 1061 minuti in A e 459 in Champions: 1510 totali, solo Alisson più di lui con 1530. Seguono staccati gli altri: Perotti con 674 in campionato e 355 in coppa (è il più presenze dopo Dzeko tra le punte, ma con meno minuti di quanti ne ha fatti il centravanti in A), El Shaarawy con 647 e 180, Defrel con 249 e 146, Gerson con 242 e 159, mentre Under e Schick ancora devono debuttare in Europa, rispettivamente solo 238 e e 15 in campionato. La stagione, insomma, passa anche e soprattutto dalla panchina.