Finale nero, figlio degli errori, di Dzeko (sotto porta), di Florenzi (che regala il rigore qualificazione al Porto) e dell’arbitro Cakir che, quasi sul gong, ne nega un altro alla Roma. Nerissimo per la Roma e per Di Francesco, che paga una serie di sbagli dei singoli. Alla fine segna Telles che fissa il risultato sul 3-1, sibaltando nei supplementari il 2-1 dell’andata. I giallorossi salutano la Champions.
FORMULA DI COPPA – La difesa a tre, come contro il Barcellona il 10 aprile del 2018. Di Francesco, nella notte del giudizio, guarda al passato per tenersi stretto il presente, cioè la panchina giallorossa. E disegna la Roma, come nella partita più bella della sua carriera. E, visto che Coinceçao parte con il 4-4-2 come fece Valverde nel ritorno dei quarti dell’edizione passata, ripropone addirittura lo stesso sistema di gioco: 3-4-2-1. Dietro Dzeko, ecco Zaniolo e Perotti, mezze punte come come Schick e Nainggolan nella sera dell’impresa contro Messi. Il doppio play De Rossi e Nzonzi, coppia simile a quella con il capitano e Strootman l’anno scorso. I terzini a tutta fascia: a destra Karsodrop e non Florenzi e a sinistra sempre Kolarov. Davanti a Olsen, il trio composto da Manolas, Jesus e Marcano.
MURO ALLARGATO – Manca Fazio, in tribuna dopo le gaffe fatali per il crollo nel derby e non al meglio fisicamente (risentimento al flessore), al suo posto l’ex centrale del Porto. Non c’è Sousa all’Estadio do Dragao: in Francia fanno sapere che domani firma per il Bordeaux. Di Francesco, invece, è presente e si gioca la partita della vita con l’assetto che, nelle caratteristiche degli interpreti scelti, è sicuramente il più prudente della sua avventura in giallorosso. Tant’è vero che, in fase difensiva, la Roma si abbassa con il 5-4-1. Mai usata la difesa a 3 nel nuovo anno, l’ultima volta il 22 a Torino contro la Juventus, 10 partite fa. Inedita ancora la formazione: 36esima in 36 match. Il possesso palla è del Porto, anche perché i giallorossi, inizialmente pigri e anche impauriti, non riescono a salire verso Dzeko. Rinunciano al pressing, restando in attesa. L’atteggiamento non paga, almeno in partenza. Karsdorp soffre Corona e Manolas, costretto spesso ad allargarsi in protezione, finisce per regalare il pallone a Marega. Che, proprio dopo lo scambio con Corona, permette il semplice tap in a Soares per il vantaggio prima della mezz’ora.
CAPITAN RISCATTO – La Roma, in apnea, riemerge all’improvviso. De Rossi va a prendersi la palla al limite dell’area avversaria per allargarla su Perotti. Dribbling secco e Militao abbocca: sgambetto da rigore. Cakir lo assegna senza alcun dubbio e De Rossi spiazzando Casillas che, a Vienna nei quarti di Euro 2008, riuscì invece a respingere la sua conclusione nel pomeriggio dell’eliminazione dell’Italia di Donadoni. Pareggio raggiunto in 10 minuti. L’esultanza del capitano fa arrabbiare ii portoghesi: anche Coinceçao, insieme con i panchinari, vanno a rimproverarlo. De Rossi, però, si arrende nel recupero del 1° tempo: polpaccio. Dentro Pellegrini.
ALTRO REGALO – L’ennesima ingenuità di Karsdorp fa rientrare in partita il Porto: Corona gli ruba il pallone e pennella sul palo lontano per Marega che, lasciato solo da Marcano, fa centro. E’ il 6° gol consecutivo in 6 partite di Champions, battuto il record di Jardel. Il punteggio adesso è lo stesso dell’andata, Fuori Karsdorp, tocca a Florenzi. Coinceçao replica con Brahimi per Corona. Si fa male Marcano: dentro Cristante per il 4-5-1. Ecco Fernando per Soares. Dzeko fa reparto da solo, anche nei supplementari: i due errori decisivi sotto porta e l’ingenuità di Florenzi spingono la Roma fuori dalla Champions. Florenzi finisce in lacrime, e non solo lui.