E’ vero che perdere la partita mentre stai pensando di vincerla fa male, tanto male. Ma per evitarlo, il Milan doveva preoccuparsi per tempo, alzando il ritmo prima che la Roma si impadronisse del centrocampo e soprattutto cercando la porta di Alisson non solo dopo un’ora di partita. Non aveva mai tirato nello specchio della porta contro la Samp, ieri c’è riuscito soltanto al 17’ del secondo tempo con Bonucci, quando Alisson ha fatto la parata più bella, ma anche la sola, della sua partita. Dall’ultima conclusione milanista fra i pali avversari erano passati 181 minuti. La Roma ha vinto con pieno merito. Ha vinto perché Dzeko è un bomber unico, potente, rabbioso, cattivo, e perché Florenzi è finalmente tornato quel lampo che tutti conoscono. Come squadra, come qualità di gioco e come solidità difensiva, quasi non c’è stato confronto. Basta rivedere i gol romanisti per accorgersi degli errori in massa, individuali e collettivi, di Donnarumma, Musacchio e Bonucci. Lontano dalla zona-Champions e in attesa del derby, saranno giorni di spine per Montella. Se è vero, come dice, che dà il meglio di sé nella tempesta, allora il Milan ne verrà fuori alla grande, perché la tempesta si è già scatenata.
GIOCO BLOCCATO – Nel primo tempo, zero parate di Alisson, sintesi estrema ed efficace del poco, pochissimo prodotto dal Milan in attacco. Qualche tiraccio dalla distanza di Çalhanoglu, Biglia e Kessie, ma tutti abbondantemente fuori. Come gioco, non si notavano progressi nel Milan, che per crescere avrebbe bisogno di tempo, merce rara nel calcio italiano, rarissima da queste parti. Da dietro, la partenza dell’azione era sempre molto lenta, Bonucci ha provato uno dei suoi famosi lanci verticali, ha consegnato la palla a Manolas e ha smesso subito; Biglia, che pure non subiva una pressione eccessiva, muoveva a fatica la squadra; Kessie è stato cancellato dai dirimpettai della Roma; il movimento delle due punte non riusciva mai ad aprire spazi di gioco, per l’efficace copertura di Fazio e Manolas; Çalhanoglu stava invece giocando una partita per conto suo, senza mai graffiare e finendo nella tristezza della sua prima espulsione italiana: un trequartista cacciato per due ammonizioni per gioco falloso, questo chiarisce la confusione che ha in testa questo ragazzo.
ROMA DA SQUADRA – In campo c’erano solo due reduci della stagione scorsa, Donnarumma e Romagnoli, anche per questo il Milan era un insieme di giocatori senza essere squadra. La Roma invece lo era, anche se non incantava. Quando De Rossi dava inizio al gioco, si vedeva la traccia dell’idea che lo determinava. Si vedeva… Di Francesco. Nel primo tempo ha avuto tre occasioni per segnare, con Strootman dopo un rinvio sbagliato di Donnarumma, con Florenzi su lancio di Kolarov e con Pellegrini (entrato al posto di Strootman). Difendendosi a cinque, con Borini su El Shaarawy e Rodriguez su Florenzi, il Milan toglieva ogni spazio alla Roma, bloccando così la partita. In attesa del rientro di Schick, a Di Francesco mancava anche la qualità di Perotti, ma ha saputo lavorare bene con i mezzi a disposizione, come ha fatto nel secondo tempo avanzando Nainggolan.
LA POTENZA DI DZEKO – All’inizio della ripresa il Milan ha trovato l’energia per spingere indietro la Roma. E’ stato il suo momento migliore, poteva anche segnare, ma solo un minuto dopo che Donnarumma aveva tolto il gol a Florenzi con una paratona. Dopo 20 minuti, la Roma ha ripreso il centrocampo con De Rossi alla guida e con Nainggolan coinvolto nel gioco quasi quanto l’anno scorso. In cinque minuti, ha chiuso il conto. Il gol di Dzeko è nato da un passaggio di Pellegrini, ma su quel pallone il bosniaco ha stampato il meglio di sé, la potenza, la precisione, la rabbia, Musacchio arrancava dietro di lui e Donnarumma è sembrato in ritardo, ma solo perché c’è stato un tocco di Romagnoli. Il Milan si è spento e 5 minuti dopo Dzeko ha dato il via al 2-0, con un assist stupendo per Nainggolan, il cui tiro è stato respinto male da Donnarumma, sforbiciata di Florenzi, gol, lacrime, vittoria.