Non è tutta colpa di Spalletti. Come non era tutta colpa di Garcia. Ma se i rendimenti dei due allenatori, con il passare dei mesi, si stanno sempre più allineando, è segno che forse i problemi endemici della Roma non sono da cercare per forza in panchina.
PEGGIORAMENTO – I risultati raccontano che la scintillante squadra della scorsa primavera, abile a riabilitarsi dalle ceneri di un autunno avvilente costato il lavoro proprio a Garcia, non esiste più. E Spalletti, che aveva posto come condizione per rimanere un rendiconto migliore rispetto a «chi mi ha preceduto», e quindi aveva indicato nella gloria di un titolo l’obiettivo della sua gestione, non ha soddisfatto le sue stesse aspettative. Anzi rischia di chiudere peggio di Garcia, che nelle due stagioni vissute al completo a Trigoria si è sempre classificato secondo: nel primo caso con il record di punti della storia della Roma (85), nel secondo con tanta fatica ma anche dopo aver affrontato un durissimo girone di Champions League (Bayern, Manchester City, Cska) che Spalletti, eliminato dal Porto nel preliminare dopo essere stato battuto dal grande Real Madrid negli ottavi, non era riuscito a raggiungere. Anche Spalletti ovviamente ha dovuto giocare un girone internazionale ma di Europa League, contro avversarie abbastanza morbide: Viktoria Plzen, Astra Giurgiu e Austria Vienna, rispettivamente piazzate al numero 49,107 e 111 del ranking Uefa. Eppure adesso è testa a testa con il Napoli per la seconda posizione in campionato, nonostante gli impegni di Sarri in Champions League.
COPPA – Il confronto tra Garcia e Spalletti è proponibile persino ricordando il rendimento di Coppa Italia. Nella sua prima stagione Garcia ha raggiunto la semifinale del torneo, uscendo per mano del Napoli di Higuain, così come Spalletti nel suo primo anno pieno è stato eliminato in semifinale dalla Lazio di Immobile. L’aggravante è sentimentale: mai Garcia in due anni e mezzo di Roma aveva perso un derby, e anzi ne aveva vinti tre su cinque rimettendo «la chiesa al centro del villaggio» dopo lo smacco della finale di Coppa Italia persa. Invece Spalletti, pur vincendo tre volte su quattro, è stato travolto dal derby più importante, che ha spalancato alla Lazio un’altra volta le porte della finale di coppa.
CROLLO – Ed è vero che a Garcia vengono addebitate almeno tre sconfitte umilianti, il 7-1 e il 6-1 rimediati da Bayern e Barcellona e i rigori contro lo Spezia in Coppa Italia, ma è anche vero che la sua Roma è stata l’unica ad essersi affacciata agli ottavi di Champions League, sia pure tra i fischi dello 0-0 con il Bate Borisov, da quando è cambiata la proprietà (2011). Esonerato da Pallotta, «disgustato» alla fine del girone d’andata dello scorso campionato, Garcia è stato sostituito da Spalletti senza sfidare a duello il Real Madrid, che poi avrebbe eliminato la Roma con un doppio 2-0 a febbraio cominciando la corsa verso la conquista della Champions League.
SOLDI – Si potrebbe obiettare, correttamente, che la media-punti di Spalletti è superiore rispetto a quella di Garcia. Benissimo. Ma vista la qualità inferiore degli avversari sia in Italia che in Europa, la media andrebbe ponderata a seconda del coefficiente di difficoltà delle partite. Ma c’è dell’altro: se la Roma non riesce a difendere il secondo posto, il numero di punti (magari persino sopra gli 85 del record) rischia di essere buono solo per le statistiche e tenere la società in sospeso nell’ottica della Champions League, che invece con Garcia è sempre stata raggiunta a maggio attraverso il campionato. Con ricavi garantiti superiori ai 100 milioni complessivi.