Cinque anni non si dimenticano in novanta minuti. Sono stati anni magnifici per Eusebio Di Francesco, che domani affronta il Sassuolo nell’ultima partita del 2017. Non sarà una gara come le altre. E’ la sfida del cuore, nella quale per novanta minuti conta solo la vittoria della Roma. Ma il tecnico abruzzese porta dentro di sé i valori umani di quella esperienza, emozioni che non potrà mai dimenticare. Arrivò a Sassuolo nell’ultimo anno di serie B, lo prese Bonato, dopo che con il Pescara bruciò il suo Verona ai play off. Il Sassuolo veniva da una stagione abbastanza tormentata, la società scelse un allenatore che non fosse un sergente di ferro, dopo i problemi e le polemiche affrontate con Pea. Squinzi decise di rifondare la guida tecnica, con pochi ritocchi alla squadra.
UNA COMUNE – A Sassuolo Di Francesco trovò un progetto appena avviato e lo sposò subito. Arrivò in Emilia con tutto il suo staff, si insediarono alle porte di Sassuolo, in una palazzina del quartiere Braida. Al primo anno fece un campionato strepitoso, tirando fuori dal cilindro Berardi, un ragazzino della Primavera che buttò dentro a Cesena alla gara di esordio, spiazzando tutti i giornalisti locali. Da allora ha scritto la storia del Sassuolo: la squadra di una cittadina di 40.000 anime che gioca da anni in serie A e si affaccia in Europa. A Sassuolo girava il centro a piedi. Aveva una parola per tutti, ha dato il suo sostegno a tante associazioni di volontariato. L’anno successivo Eusebio si fece raggiungere dalla famiglia e si spostò ad abitare in una villetta sulle colline. Quando lo esonerarono restò fuori per cinque settimane, tornò ipercarico e centrò la salvezza. Si era integrato subito bene con il contesto di provincia, aveva apprezzato la tranquillità dell’ambiente, le pressioni vicine allo zero. Gestiva a livello famigliare la squadra, aveva creato una sorta di enclave. Ricordano i giornalisti che hanno lavorato con lui: «Si fa fatica a litigare con Eusebio, è una persona corretta e cordiale, mai uno screzio, neanche nei momenti più difficili». Il suo talismano era Rino Gandini, che è stato il primo preparatore dei portieri. Nel Sassuolo ha lanciato tanti giovani. Nel suo percorso ricco di soddisfazioni si è comportato da grande professionista, ma con uno spirito aziendalista. Ha sempre condiviso i progetti della società. Ha tirato fuori Berardi dalla Primavera, ha voluto fortemente Politano e Pellegrini, li ha valorizzati. Ha puntato su Pavoletti, un altro attaccante che si è imposto in serie A grazie a Eusebio.
IL FURGONCINO CON GLI ARROSTICINI – In quegli anni a Sassuolo ha avuto al suo fianco Remo Morini, il team manager che è un’istituzione. Da 40 anni ricopre quel ruolo, da quando il Sassuolo era in Eccellenza. Ha fatto i cambi con tanti allenatori. «Forse cinquanta… e qualche volta ho dato consigli anche io, in alcune circostanze è andata bene…». Tanti allenatori, ma Di Francesco non è uno dei tanti: «Ho avuto un rapporto speciale con lui. Una persona speciale, un uomo di compagnia. Quante cene abbiamo fatto insieme. Serate indimenticabili. Mille episodi vissuti sul campo. Ricordi che non si cancellano, come quando siamo venuti in serie A». Morini è un personaggio di quelli che nel calcio non si incontrano più. Ha mille aneddoti da raccontare: «Il rapporto con Eusebio continuerà sempre, come con Allegri. Anche lui lo sento ancora tutti i giorni. Di Francesco mi ha aperto le porte della sua famiglia, gente fantastica. Domani per me sarà una giornata particolare. Con Eusebio frequentavamo una compagnia di amici a Sassuolo, imprenditori importanti, simbolo della città. Nel sociale si impegna tanto, ci tiene, ma non vuole pubblicizzarlo. Le serate finivano a giocare a carte, a lui piace molto la scopa. Oppure a cantare, a me piace Morandi, tutti sanno che canto, lo faccio anche con la squadra. Quando per venire in serie A ci mancava un punto e non arrivava, ci siamo chiusi una serata nello stadio Ricci, tutti a cantare per sdrammatizzare prima della partita con il Livorno. A Eusebio piace molto mangiare bene e se ne intende. Preferisce il pesce, ma sa quello che mangia. Nell’ultima settimana che era qui abbiamo fatto una grande serata con gli arrosticini a tutto spiano. Veniva da Pescara con il camioncino. Merita di stare dove è arrivato, gli auguro tutto il bene possibile. Sono convinto che a Roma nello spogliatoio non è cambiato niente. Lo gestisce come a Sassuolo».