Parte con un annuncio amarissimo: «Alle 12.41 del 17 giugno 2019 ho mandato una mail al Ceo della Roma dove scrivo un po’ di frasi per me inimmaginabili, ho dato le mie dimissioni». Salone d’Onore del Coni, davanti a lui una platea di quasi trecento persone tra amici, giornalisti, fotografi e operatori, all’inizio la voce è spezzata dall’emozione. Poi parte come un fiume in piena che spazza via tutto e tutti senza pietà, buttando addosso alla Roma americana la rabbia accumulata in otto anni, i primi sei da giocatore e gli ultimi due da dirigente, «in cui mi hanno sempre considerato un peso».
Francesco Totti prova a celebrare in diretta televisiva nazionale il funerale della Roma made in Usa, con la sua potenza mediatica superiore a chiunque tra gli sportivi di questo Paese. Un’ondata non arginabile. Sincera, perché la realtà che descrive è quella che ha visto dal suo punto d’osservazione: una società che non lo ha mai preso in considerazione nelle decisioni. Gli effetti delle sue accuse sono pesantissimi per la società, già disintegrata durante tutta la stagione, culminata con il divorzio polemico di De Rossi e ora un altro tsunami.
Totti tira fuori tutto quello che ha dentro, non risparmia nessuno tranne rare eccezioni, da Pallotta ai dirigenti, dal-le persone che a suo dire non lo vedono bene dentro Trigoria, fino ai giocatori facendo dei distinguo ben chiari: oltre all’amicizia confermata con De Rossi, la benedizione come erede preferisce darla a Lorenzo Pellegrini piuttosto che al capitano attuale Florenzi. Parla Totti e quindi ogni cosa ha un peso triplo e diventa il verbo per il popolo romanista da sempre ai piedi del miglior giocatore di sempre. Qualcuno lo critica ma sono la minoranza, la gente sta con lui perché lo vede più sincero e dedito alla causa.
Tra una bordata e l’altra la bandiera giallorossa fa capire che tornerebbe solo con un’altra proprietà e che girando il mondo ha raccolto l’interesse – finora solo a parole – di diversi potenziali investitor per il club. Fatti concreti ancora nulla, lo chiarisce, ma aspetta e spera. Oggi parte per le vacanze e avrà tempo per capire da dove può ricominciare a lavorare, oltre agli inviti personali che lo rendono un’industria ricchissima di se stesso. «Ho ricevuto tante offerte, mi ha chiamato stamattina pure una squadra italiana». È la Sampdoria di Massimo Ferrero, che aveva contattato anche De Rossi. Lui, da romano, sa bene come accattivarsi i consensi. Pallotta, invece resta un freddo uomo di business. E al momento perde quella che in realtà è sempre stata una guerra fra due mondi.
Pallotta: «Si fida delle persone sbagliate e non viene. Ora cambi rotta»
Totti accusa Pallotta di essere poco presente e di fidarsi delle persone sbagliate: «Il presidente deve cambiare rotta. Se io avessi Totti e De Rossi gli darei in mano tutto, Pallotta invece si circonda di persone sbagliate e continua a farlo. Ma se sbaglio da 8 anni, me la farò una domanda?». Poi rinacara la dose: «Qualcuno mi ha pugnalato dentro Trigoria, ma non farò mai i nomi, però non vogliono che io sia lì dentro. Ci sono delle persone che fanno il male della Roma, Pallotta tante cose non le sa eppure continua a fidarsi sempre degli stessi. Io conosco Trigoria come le mie tasche, invece ognuno fa il bene di se stesso. Delle cose che arrivano a Boston, solo un 10% è la verità. Nelle ultime settimane ha cercato in tutti i modi di trattenermi, mentre in due anni non ho mai sentito nessuno. Lui non c’è mai e sbaglia perché il capo deve stare qua altrimenti i giocatori fanno come gli pare». Quindi sulle cessioni dei campioni: «Purtroppo ci sono problemi finanziari. E per questo devi vendere giocatori importanti e la squadra s’indebolisce. Ma alla gente bisogna dire la verità, anche se è brutta».
Baldini: «Non avrò mai un rapporto con lui, Londra decide tutto»
Senza accusarlo direttamente, l’ex capitano giallorosso conferma la sua distanza di vedute con il consigliere del presidente, Franco Baldini, colui che secondo Totti ha deciso di farlo smettere di giocare e poi di non dargli poteri da dirigente. «Il rapporto con lui Baldini non c’è mai stato e mai ci sarà. Uno di noi due doveva scegliere e mi sono fatto da parte io, troppi galli a cantare non servono». Secondo il capitano è il dirigente toscano l’ispiratore di alcune scelte che condizionano Pallotta. «L’ultima parola era sempre a Londra. Solo quando erano in difficoltà mi hanno chiesto un aiuto. Avrò fatto dieci riunioni in due anni. Adesso, anche se andasse via Baldini non tornerei.». Per Totti il trattamento è stato chiaro: «Io per questa società sono stato un peso, ero troppo ingombrante sia da calciatore che da dirigente. Mi hanno fatto male entrambe le cose, la seconda di più. Questa è peggio, preferivo morire. Non è stata colpa mia, perché non ho avuto mai la possibilità di esprimermi e non mi hanno mai coinvolto in un progetto tecnico».
Gli altri dirigenti: «Baldissoni mi ha indirizzato, ma dove? Altri felici se si perde»
Non solo Baldini, il simbolo romanista ne ha per gli altri dirigenti. Su Baldissoni non inferisce: «Ha cercato di indicarmi la strada, non so quale… Mi ha aiutato sotto alcuni punti di vista, ma non ce l’ho con lui. Lui fa parte dei dirigenti. È una carica importante quella del vice presidente». Poi, senza fare nomi, lancia una delle accuse più pesanti: «A fine partita vedere alcuni giocatori che quando perdono ridono… ti fa girare le palle. I tifosi alcune cose non le sanno. C’è qualche dirigente che è contento delle sconfitte, è la realtà. Non farò mai i nomi, neanche sotto tortura, ma è così. La Roma deve essere la Roma, al primo posto davanti a tutto. Se hai queste persone dentro Trigoria, non vai da nessuna parte. Se sei unito non deragli e vai dritto fino alla fine. Tutti uniti si può fare qualcosa, se qualcuno esce dal binario sei finito. Di Francesco, che non ho portato io, ha chiesto 4-5 giocatori, non gliene hanno preso uno». E racconta, senza nominarli, di aver sconsigliato l’acquisto di Pastore reduce da «tremila infortuni» e suggerito quello di Ziyech senza essere ascoltato.
I romani: «Florenzi non chiama, Pellegrini sì ed è super. De Rossi non avvisato»
Uno dei passaggi più delicati arriva quando gli chiedono se i romani rimasti in squadra, Florenzi e Pellegrini. lo abbiano contattato alla notizia dell’addio. La risposta fa capire chiaramente dei due sente più vicino e in grado di fare il capitano: «Non ho sentito Florenzi, ho sentito Lorenzo. Gli faccio i complimenti per ieri, anche se glieli ho già fatti via Instagram. Non ci credeva, ma ci crederà. A lui ho promesso tante cose, e spero che queste cose possano avverarsi. È un ragazzo speciale, forte, sia in campo che fuori. È una persona pulita, può fare bene alla Roma, può dare tanto a questa società e a questa maglia. Lui la onorerà fino alla fine perché è un tifoso della Roma. Qualche romano dentro la Roma serve sempre». C’è spazio anche per parlare del contratto non rinnovato a De Rossi. «Già da settembre dissi: “Se pensate che è l’ultimo anno, diteglielo subito, non fate come avete fatto con me che lo avete detto a due giornate dalla fine”. Lui va rispettato, è una bandiera della Roma. Tutti mi dicevano che dovevano valutare e così via. Il problema di Trigoria è che le cose vanno fatte subito».
Fienga: «E l’unico che voleva darmi potere. Ranieri uomo vero»
Tra i pochi salvati dalle bordate di Totti, il ceo Guido Fienga. «E l’unico che ci ha messo la faccia e lo ringrazio, che mi ha detto che se comandasse lui sarei stato il direttore tecnico. Fienga me lo disse tre mesi fa che mi avrebbe fatto fare il direttore tecnico. Dal primo contratto firmato tutti sapevano che avrei voluto fare il direttore tecnico. Se c’è però uno che ti mette il bastone tra le ruote e trova ogni volta un intoppo… Io non sono stupido. Nessun altro mi ha fatto questa proposta. È inutile continuare su questa strada». Quindi tira in ballo l’ultimo allenatore giallorosso: «Su Claudio Ranieri ho preso una decisione che altri volevano non prendessi. Oggi lo ringrazio, perché sarebbe venuto anche gratis per la Roma, ha fatto il massimo per noi ed è un uomo vero. Appena l’ho chiamato, non abbiamo parlato di niente e mi ha detto “domani sono a Trigoria”. I romanisti devono esserne fieri e infatti gli hanno dato un contributo all’addio di Daniele ed è doveroso ringraziarlo oggi. Le dichiarazioni di Pallotta? Non sono qui ad andare contro di lui, non mi serve dare bugie. A che pro? Dico la verità».
Fonseca: «E bravo e preparato ma per lavorare bene serve più serenità»
Sull’allenatore scelto, non da lui, Totti ha questa idea: «Fonseca deve trovare un ambiente sereno e tranquillo, una strada percorribile senza intoppi. Deve essere bravo, la gente lo stima per quello che ha fatto e per come si è messo a disposizione. Da quello che ho visto è un grande allenatore, ha studiato e fatto bene allo Shakhtar e spero che possa fare bene in questa squadra». E Totti ci sarà allo stadio? «Sì, perché no. Sono sempre tifoso della Roma, può darsi che vado in Curva Sud, anche se lì non si vede la partita. La partita non la vedrò, metterò una parrucca. Anzi, prendo De Rossi e andiamo in Curva a vedere una partita se non va a giocare da un’altra parte». E in sala scatta l’applauso. Nessun attrito con DDR nonostante l’inchiesta de La Repubblica che ipotizzava una fronda di Daniele contro di lui. «Mi fido al 100% di De Rossi, ci metto la mano sul fuoco che non è stato lui a dire e pensare quelle cose. Alla Roma avrei potuto dare un contributo, non cambiarla,. Di promesse ce ne sono state tante».
Conte: «Ho chiamato solo lui e aveva quasi accettato Altri non li ho sentiti»
Questione allenatore, Totti svela quanto si fosse speso su Conte, quasi convinto di accettare la proposta della Roma «Su tutto quello che è stato scritto, l’unico allenatore che ho chiamato è Antonio Conte. Mihajlovic, De Zerbi, Gasperini, Gattuso e così via non li ho mai chiamati. Una persona ho chiamato: Antonio Conte, il resto tutta fantascienza. Se fanno passare che ho chiamato tutti e che mi hanno detto di no, e l’unico che non ho chiamato è Fonseca che è l’unico che ha accettato, non va bene. Per stupido non ci passo. Tutto quello che viene scritto è lo 0% di verità. Io e Fienga, prima che Pallotta sapesse di questa cosa, abbiamo alzato il telefono: “L’unico che può cambiare la Roma in questo momento è Conte e dare una risonanza diversa all’ambiente e ai risultati. Lui ci aveva dato l’ok, poi ci sono stati dei problemi e ha cambiato idea». Perché? «Conte doveva venire per una rivoluzione, ma lui voleva una continuazione. Qua in questo momento devi innanzitutto vendere. Ora devi fare una squadra dal quarto posto in su».
Malagò e gli acquirenti: «Tornerei con lui. Il club interessa»
La bandiera romanista si augura un cambio di proprietà. «Ho girato spesso in vari continenti. Soprattutto in Kuwait, a Doha o Dubai. Ci sono tante persone che vorrebbero fare investimenti, ma finché non vedo il nero su bianco non ci credo. La Roma è amata e stimata in tutto il mondo e tutti la vorrebbero prendere. Stare qui però a dire che c’è uno o l’altro è inutile. Non mi posso esporre perché so niente su tutto ciò». Ma se dovesse spuntare una cordata con Malagò presidente, «spero che mi chiamerà in quel caso, mi basta un po’ più di potere. Quando dico io una cosa non va bene, a me non serve stare davanti a tutti, a loro sì». Progetti per il futuro? «Posso fare tante cose. Sto valutando tranquillamente, questo mese valuterò tutte le offerte: ne ho ricevuta una stamattina da una squadra italiana. Juve? Non esageriamo. Ho sempre dato il massimo in quello che ho fatto, e se prenderò una decisione sarà definitiva». A proposito dei tanti impegni che lo hanno allontanato dalla squadra: «Lo so, il calcetto, il padel, la settimana bianca. Cose che fanno tutti, ma se le faccio io non va bene».
FONTE: Il Tempo – A. Austini