Andatelo a dire altrove che si dovrebbe pensare ad altro. Che non ne vale la pena. Che sarebbe meglio cambiare orizzonti e interessi. Da queste parti non si passa. La strada è sbarrata e sul casello c’è scritto a caratteri cubitali “incazzati neri”.
La rabbia di mercoledì non è smaltita, neanche un po’. Anzi. Scrollata dalle zavorre ingombranti dell’incredulità del momento e dei silenzi figli della mortificazione appena ricevuta, se possibile si è acuita. È stata elaborata, si è dilatata fino a inghiottire quel tempo normalmente dedicato al sonno. E ha macerato, fino a scombussolare ogni tipo di bioritmo.
No, la rabbia non passa. Colpa della Roma, ovvio. «Stasera beviam», che ci sta sempre bene con Lei. Generatrice di passioni, positive o meno. Ingannatrice. Ti frega senza avvertire, come un agente doppiogiochista che s’insinua e conquista la tua fiducia. Eppure è un elemento imprescindibile. Non si può farne a meno anche volendo. Anche quando ti fa incazzare. Vallo a spiegare a chi razionalizza tutto lo scibile. A chi è cinico anche nei sentimenti. A chi dispensa sorrisetti condiscendenti per sentirsi superiore. A chi demanda a terzi i propri stati umorali. A chi guarda sempre in casa altrui. Ma la rabbia è una cosa, il disamore un’altra, l’abbandono un’altra ancora. (…)
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