«Tutto fermo», dicono da giorni in Campidoglio quando si chiede dell’operazione Tor di Valle. Parole molto diverse dall’hashtag sullo #StadioFattoBene propagandato fino agli arresti per corruzione dell’anno scorso, slogan già ridimensionato dopo la bocciatura della viabilità da parte del Politecnico a febbraio (si era passati a un più cauto «lo stadio si fa»; quanto al bene, meglio non sbilanciarsi).
Ora invece la bozza di variante che dovrebbe concedere ai privati centinaia di migliaia di cubature in più rispetto al Piano regolatore sembra finita su un binario morto. Gli incontri coi proponenti al dipartimento Urbanistica sono fermi. Il motivo è semplice: «Non c’è intesa sulla convenzione, pochissimi passi avanti. Nessuno sostanziale», raccontano i tecnici. Insomma, resta la distanza più che marcata tra i due fronti: il Campidoglio da una parte, dall’altra l’As Roma e la Eurnova.
I punti di attrito sono tanti, ma il concetto generale su cui ci si accapiglia è uno solo: i privati vorrebbero aprire lo stadio e il maxi-centro di negozi, uffici e alberghi anche se non saranno pronte tutte le opere pubbliche promesse. I tecnici del Comune invece ribadiscono quanto scritto nella delibera sul «pubblico interesse» dello stadio. E cioè che il primo match dovrà essere «contestuale» alla realizzazione di tutti gli impegni presi su mobilità, strade e opere varie.
Quindi la ferrovia Roma-Lido dovrebbe viaggiare al ritmo di un treno ogni 3 minuti e mezzo (oggi se va bene c’è una corsa ogni venti minuti…) e l’Ostiense-Via del Mare va unificata per ridurre i disagi, già considerevoli, del traffico. Virginia Raggi non vorrebbe intestarsi lo strappo con la Roma ma soprattutto ora, con Pallotta debole per le contestazioni dei tifosi, ha fatto capire che non manderà il progetto avanti se tutte le condizioni non saranno rispettate. Anche perché i suoi consiglieri una variante morbida non la voterebbero. Ammesso che si arrivi a un voto.
FONTE: Il Messaggero – L. De Cicco