Ci sono tutti gli elementi affinché il sabato pomeriggio da passare al Foro Italico sia dolce come quelli che molti romani hanno vissuto tra i marmi bianchi riscaldati dal sole, passeggiando con una fidanzata, un amico, un cane o con un libro in mano, quei pomeriggi in cui metti in fila tutti gli obiettivi che vuoi raggiungere di lì a un giorno, un mese, un anno, una vita, in cui tutto ti appare chiaro, e Roma è bella più del solito e l’esistenza intera pure. Quei pomeriggi in cui ti senti al centro del mondo o magari al di fuori, e non t’importa. In cui pensi a ciò che è stato e ne sei fiero. In cui diventi grande se riesci a goderti il momento, in cui non ti spaventa il futuro anche se gli impegni in arrivo si profilano minacciosi. Se guarda a oggi e pensa a domani, il tifoso della Roma vuole solo i tre punti su cui sedersi a scrutare il futuro: intravede cornici di Champions, squadroni da mettere in fila e affrontare sereni, esami che non finiranno mai. Prima, però, c’è Delneri, col suo vocione stridulo infarcito di consonanti arrotate e un altro appuntamento all’apparenza facile. Ma se la Roma è una grande squadra, almeno in nuce, e se vuol almeno mantenere il passo delle due capolista deve sfruttare tutte le occasioni che il calendario le concede. Lo ha fatto con il Verona e con il Benevento, deve farlo con l’Udinese.
Di Francesco sorride sereno, è il fidanzato ideale per quella bella squadra romantica che lo attende al Foro Italico. Sa che il loro rapporto ha preso la giusta via per la maturazione più attesa. Di più, si sente gratificato dal fatto che anche lui stia crescendo con lei: «Io sono qui per la Roma, non per me. Sono integrato all’interno del processo di crescita della squadra». Non è arrivato carico di gloria, tutt’altro. Ma col piglio del principe pronto a dimostrare di valere il trono. Il suo palmares in serie A di fronte a quello di Delneri è meno ricco, ma simile nelle proporzioni. Ha vinto un terzo delle sue partite, ma ne ha anche giocate (poco più di) un terzo. Ha segnato praticamente le stesse reti (1,3 di media a partita). Ha fatto poco di meno in tema di punti:1,26 a partita contro 1,34. Si potrebbe quasi arrivare a dire che Di Francesco sia oggi quello che Delneri è stato per un breve periodo, dopo i suoi exploit al Chievo. L’auspicio, naturalmente, è che Eusebio non risenta del triplo salto in avanti e sappia crescere di pari passo con la sua squadra. Il friulano, invece, uscito da Verona non resse la sbornia della gloria: fu bocciato dal Porto dopo neanche due mesi, approdò alla Roma quando Cassano s’era già messo di traverso, non ne fu all’altezza. Quella squadra diventò grande con Spalletti, che ieri ha lasciato l’eredità a Di Francesco. Ora speriamo in lui.