Ma che fine ha fatto Paul Pogba? E a che punto è il caso della sua positività antidoping ai metaboliti del testosterone? A distanza di 50 giorni dall’esito delle prime analisi (11 settembre) e a 26 da quello delle controanalisi (6 ottobre), il francese della Juve è tuttora sospeso in via cautelare e dovrà affrontare un percorso giudiziario-sportivo in cui cercherà di evitare il peggio, il famoso rischio grosso dei quattro anni di squalifica nel caso in cui i giudici decidessero per un’assunzione consapevole della sostanza proibita.
Il Codice prevede una casistica tale da abbassare l’asticella della pena in caso di ammissione delle proprie responsabilità: ecco perché il timore più concreto sarebbero i due anni di stop. Magari attraverso la strada del patteggiamento, anche se il codice antidoping non usa questa espressione ma parla di accordo fra le parti. Intanto Pogba avrebbe incassato una prima sconfitta: si va verso il giudizio in Italia.
Già, perché la prerogativa di chiedere la famosa “udienza unica” presso il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna non avrebbe ricevuto il semaforo verde da parte della Wada (e servirebbe anche quello di Nado Italia), che generalmente non incoraggia questo tipo di soluzioni lasciando alla giustizia che ha gestito la prima parte del caso anche la fase istruttoria e quella dibattimentale.
Pogba avrà due strade: un accordo con la procura antidoping (anche in questo caso sarebbe comunque necessario un sì della Wada) che potrebbe portare a un dimezzamento della pena inizialmente richiesta dall’accusa o la decisione di giocarsi tutto nel processo sportivo presso il Tribunale Sportivo Antidoping. Nel primo caso, un’intesa cancellerebbe ogni possibilità di appello. Nel secondo, viceversa, la decisione del Tna sarebbe appellabile proprio al Tas. (…)
FONTE: La Gazzetta dello Sport – F. Cornacchia