Non poteva che finire in bellezza. Davanti a un Olimpico di luci, colori, cori e bandiere. Batte il cuore di Roma, della Roma e dei romanisti. Brilla la stella di Tammy Abraham che, 31 anni dopo Rudi Voller, porta i giallorossi in finale di una competizione europea. Mourinho conquista la sua ottava finale e ora a Tirana, il 25 con il Feyenoord, andrà a caccia del suo quinto trofeo internazionale. In attesa di giocarsi la Champions.
La partita comincia, come la voleva Mourinho. È subito palla in avanti a cercare il gol. Mou non ha la qualità di Mkhitaryan, che spera di recuperare per la finale e sceglie Oliveira in mezzo al campo: la tecnica la trova in Pellegrini, che si mette in bella vista dai primi minuti, ed è lui a scaldare subito le mani a Schmeichel; la trova in Zaniolo, che a volte parte a testa bassa ma quando è lucido apre il gioco con classe; la trova in Zalewski, che cresce di partita in partita e in pratica fa il regista di fascia, con quella qualità che possiede nei piedi.
Ma poi è Abraham che fa la differenza. Che apre la partita dopo appena dieci minuti. con una frustata di testa, da azione d’angolo. La gara si spalanca e Tammy non segnava dal ritorno dei quarti di finale. Una specie di liberazione per lui, che ora ha superato anche Volk nel numero dei gol segnati alla prima stagione, 25.
Ma non ci sono solo le stelle e le stelline in campo, c’è anche chi combatte per tre, vedi Cristante e Oliveira, pur con qualche errore di troppo sul groppone. La difesa regge con Smalling che si mangia Vardy o chi passa dalle sue parti.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni
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