Mou quindi è molto meno “risultatista” di una volta?
“Il calcio è andato verso una direzione con più informazioni, i giocatori sono più completi. Non basta più l’ottima gestione o l’adattarsi alla qualità dei singoli, ci vuole un lavoro con varianti e idee. Mi piace Mourinho, perché è uno che non si nasconde”.
Sta incidendo più lui nella ricostruzione della Roma o Pioli nella conferma del Milan? “Per meriti e apertura mentale Pioli oggi è uno dei migliori tecnici italiani. Nel suo lavoro non c’è un punto debole: giovani diventati giocatori, l’entusiasmo ridato ai vecchi e alcune pedine come Kjaer rilanciate e diventate indispensabili. Hernandez lo ha portato ad un livello evoluto da farlo diventare importante in nazionale, Leao o Diaz sono due che quando non ci sono senti l’assenza, quando ci sono pesa la presenza”.
Mkhitaryan fatica nel ruolo di trequartista e centrocampista… “Nel 4-2-3-1 chiunque fa il trequartista deve saper essere anche centrocampista. Vale per lui e Zaniolo, ma anche per Diaz e Leao. Micki però non è solo tecnica, ha sempre avuto forza, gamba e potenza. La chiave è capire che tipo di rientri fare: se li fa fino all’area di rigore fatica, se fa dei rientri stretti, creando un centrocampo a tre, resta lucido. Sta girando basso, deve alzare il livello”.
I due mediani della Roma che cosa devono fare per contenere i movimenti tra le linee dei trequartisti rossoneri? “La Roma ha bisogno del lavoro di Pellegrini sulla prima costruzione, tra i centrali del Milan e il mediano. Deve far tardare quella giocata per dare la possibilità ai due esterni di stringere il campo e ricompattare la linea con Cristante e Veretout. Ma la Roma, che fa una fase difensiva attiva e non passiva, dovrà stare anche attenta alla palla sopra l’ultima linea. Ibrahimovic non è uno che attacca la profondità, ma sa tirare fuori i centrali e gente come Leao o Saelemaekers sanno andare”.
Quindi è giusto giocarla con Ibra e non con Giroud? “Tutti e due non attaccano la profondità per età e attitudine, ma i tempi di gioco di Ibra e la sua classe a mandare gli altri Giroud non ce l’ha. Il Milan poi costruisce tanto anche con i terzini che entrano dentro il campo”.
Già, i terzini. Se quelli del Milan vanno dentro, quelli della Roma giocano più larghi… “È vero. La Roma sugli esterni lavora molto sui binari: Micki ed Elsha da una parte e Zaniolo dall’altra giocano con il piede invertito. Gli esterni del Milan entrano, palleggiano e ti fanno superiorità numerica, quelli della Roma cercano più l’ampiezza”.
Zaniolo-Hernandez: chi dovrà preoccuparsi più di chi? “Si equivalgono, sprigionano tecnica in velocità. Zaniolo dovrà far preoccupare Theo, uno che non si stanca di attaccarti. Dovrà essere bravo a farlo correre all’indietro e attaccarlo nel lungo o dentro, sul piede destro, per chiamare fuori Tomori e creare la superiorità numerica. Se Zaniolo crea dei dubbi nelle letture di Theo e Tomori lì la Roma può essere pericolosa”.
Abraham invece soffre un po’ quando gli spazi si riducono… “Deve migliorare nello smarcamento, scaricare meglio la marcatura con i contromovimenti, le finte o il controllo orientato. Gli ho visto fare giocate bellissime, se riesce a prendere quel mezzo secondo in più al difensore poi ha tecnica e fisico per far bene”.
Come la Roma può mettere in difficoltà il Milan e viceversa… “La Roma dovrà lavorare bene sulle catene esterne: accompagnare, far correre all’indietro gli esterni, Leao e Saelemaekers, creando dubbi ai terzini. E non può prescindere dall’entusiasmo calcistico di Pellegrini. Il Milan invece deve essere se stesso. E non uscire dalla partita come invece gli succede di recente. Gli uomini decisivi? Pellegrini, ma se giocherà anche Mkhitaryan che deve finalmente uscire dallo spartito e decidere, per bravura ed esperienza. Nel Milan quando c’è Ibra tutto passa da lui ma mi piace Leao: gioca libero di testa ed è sempre più coinvolto, felice anche di dare una mano”.
FONTE: La Gazzetta dello Sport