Mourinho non è di sicuro un allenatore «bollito» e De Rossi non è diventato dopo tre partite il nuovo Pep Guardiola. Alla Roma, però, l’aria è cambiata ed è cambiata in meglio. Non soltanto per i 9 punti su 9 conquistati da quando De Rossi è seduto sulla panchina giallorossa, che comunque fanno comodo. La sensazione più importante è che la squadra abbia smesso di fare la guerra al mondo — una guerra voluta principalmente dal suo allenatore — e abbia ripreso a giocare più leggera, divertendosi anche.
Per la prima volta in campionato la Roma ha segnato per tre partite di fila più di due gol. (…) De Rossi ha lavorato in fretta e in profondità. In difesa ha cambiato modulo per guadagnare un uomo in fase offensiva. Il giocatore tatticamente più importante è Paredes. L’argentino, in fase di possesso palla, scende tra i due difensori centrali per impostare l’azione e i due terzini si alzano nella famosa «salida lavolpiana». Paredes fa quello che faceva De Rossi con Luis Enrique che, insieme a Luciano Spalletti, è uno degli allenatori a cui ha «rubato» di più.
Lucho ricorda che De Rossi gli chiedeva dettagli a ogni esercizio. Studiava già da allenatore. Il punto debole, per ora, pare la coppia di centrali Mancini–Llorente, ma prima o poi Ndicka rientrerà dalla Coppa d’Africa e Huijsen è più che una promessa (anche se a giugno tornerà alla Juve). Negli ultimi allenamenti, ma sempre a parte, si è rivisto Smalling. L’acquisto di Angeliño, il primo terzino sinistro vero da molto tempo, è stato il regalo di addio di Tiago Pinto. (…)
Ma ora arrivano Inter, e Feyenoord, partite da big. E contro avversari di questo livello che bisogna vedere se la «rivoluzione con il sorriso» di De Rossi può avere un futuro. Anche dopo giugno.
FONTE: Il Corriere della Sera