Per me la Roma c’è sempre stata e c’è ogni volta che ti ricordi quando eri ragazzino, quando senti l’odore della sera di Roma, la notte di coppa che brilla con le luci sul ponte, le saracinesche come porte, il pallone vero che era quello duro, la scritta UR sul muro. C’è stata pure quando l’abbiamo messa da parte per le cose della vita, stava là che ti aspettava o a volte invece ti ha aiutato proprio nei momenti più infami che ti riserva la vita, se la vivi. Donna, madre, moglie, amante. Soprattutto mamma per Pasolini e per Fellini.
Auguri Roma, nonna bambina. Che mi hai insegnato la sostanza delle cose. Cruda. Nuda. Pronta. Sacra. Vera. La Roma per me è sempre stata un’enorme prova di sincerità, di veracità talmente grande da superare qualsiasi orpello, qualsiasi messa in ghingheri, qualsiasi strumentalizzazione volta a sminuire questa quasi arrogante prova di sentimento che è il romanismo.
(…) La Roma è un’altra cosa. La Roma è sempre stata veramente una grande passione popolare, talmente grande da superare opportunismi, particolarismi, interessi, risultati. La Roma è sempre stata la Roma.
Forse questa città millenaria, papale, regale, puttana, ministeriale, unica, troppo grande, provinciale, ignorante eppure sinonimo di cultura, eterna, ha trovato in una squadra di calcio un modo per coltivare anche in tempi così dispersivi e alienanti la propria identità: chi tifa la Roma sente che sta avendo a cuore il cuore di questa città. A volte fa male, ma è così forte e tenero tutto questo.
(…) La Roma, la nostra smisurata preghiera.
FONTE: Il Romanista – T. Cagnucci











