Aveva annunciato le dimissioni, ma alla prima occasione utile era di nuovo, regolarmente al suo posto. O almeno, a fare quello che gli ha chiesto Pallotta. La storia tra Franco Baldini e la Roma non vuol proprio saperne di finire, ma stavolta non c’è stato nessun ritorno. Semplicemente, le dimissioni annunciate mentre la città si radunava al Colosseo per la serata evento dedicata alla biografia di Totti, non sono mai diventate effettive. Quando la settimana scorsa i dirigenti del club giallorosso si sono avvicendati a Boston per raggiungere il presidente Pallotta, hanno trovato regolarmente al suo fianco l’ex ds, poi ex dg, oggi consulente particolare (e personale) del lider maximo americano. Non ha cambiato nemmeno competenze: Baldini s’è palesato al tavolo principalmente quando si è dovuto parlare di mercato e delle scelte da fare per rinforzare la squadra, in entrata e in uscita. Accanto al ds spagnolo Monchi c’era lui, che a Roma lo ha portato tessendo la trattativa per averlo. Pienamente in sella, nemmeno sfiorato dal tentennamento di non essere più al servizio di Mr James.
E allora, viene da chiedersi, che fine hanno fatto quelle dimissioni? Qualcuno sosteneva le avesse rassegnate soltanto dal Comitato esecutivo in cui Pallotta aveva annunciato di inserirlo. Ma di lui, negli atti ufficiali sul comitato presenti a bilancio, non c’è traccia: a comporlo, solo Pallotta, Baldissoni e Gandini, almeno prima che lasciasse – lui sì – la Roma. Di fatto, in perfetto stile Gattopardo, l’annuncio di un cambiamento per Baldini serviva esclusivamente affinché tutto restasse come è. Al punto che, quando il presidente furioso e «nuovamente disgustato» dopo la sconfitta di sabato con la Spal all’Olimpico ribolliva propositi di ridiscutere tutto, da un nuovo ritiro punitivo al destino dell’allenatore, a placarlo non sono stati i dirigenti “romani”. Ma proprio lui, Baldini. Crisi scongiurata, per ora, ma gli indizi sulla scarsa efficacia del tecnico nei momenti di difficoltà iniziano a sembrare ricorrenti: se la squadra si smarrisce, lui le va dietro, senza riuscire a rovesciarla dalla panchina. La “questione” Olimpico, con 7 punti persi contro squadre in lotta per non retrocedere e una media punti interna di 1,79 da quando lui è sbarcato a Roma, fa riflettere. I risultati dopo 9 giornate sono gli stessi di Zeman, sei anni fa: una storia che non finì bene. Con alcuni giocatori il rapporto non è esattamente brillante e alcune critiche della vigilia non hanno contribuito a distenderli. Cambiare ora, con una serie fittissima di gare (da qui all’11 novembre la squadra giocherà ogni tre giorni e mezzo di media) non ha senso. Ma le prossime prove contro Cska – attenzione: mille tifosi russi in arrivo per domani, e 500 sono considerati pericolosi – e Napoli (e poi Fiorentina), tutte ravvicinatissime, diranno di più. Il tempo a disposizione di Di Francesco per rimuovere l’ultima figuraccia dalla memoria del disgustato Pallotta non è infinito.