C’è un tempo in cui tutto sembra pronosticare vento buono nelle vele. Professione, considerazione, amore. Per chi è sempre in vetrina, poi, le sensazioni che si provano probabilmente sono anabolizzate al massimo grado, ed è proprio per questo che occorrono spiriti forti per affrontare le altimetrie sentimentali che regala il calcio.
Nicolò Zaniolo, ad esempio, lo sta scoprendo adesso con lo stupore e la malinconia di chi ha conosciuto l’inferno dei dubbi senza essere ancora approdato dal purgatorio delle speranze al paradiso delle certezze. Non nascondiamolo: da quando, ad appena 19 anni, l’Italia del pallone lo ha adottato con l’impeto concesso agli amori imprevisti, l’attaccante della Roma – superato il doppio infortunio alle ginocchia – non ha mai affrontato un momento così difficile.
Nel giro di pochi giorni, quello che era il simbolo della rinascita giallorossa insieme a capitan Pellegrini, ha conosciuto prima i fischi dell’Olimpico al momento della sostituzione contro il Bodo in Conference League e poi l’amarezza della panchina per scelta tecnica contro il Venezia.
Logico che una Roma in difficoltà non lo aiuti a brillare, ma la caccia al primo gol in campionato è un elemento che lo può condizionare. La questione è anche tattica, e da questo punto di vista il feeling con José Mourinho non è scattato ancora del tutto. Intendiamoci, l’allenatore portoghese in privato è pieno di elogi per Zaniolo, tanto da che – a livello di potenzialità – lo vede solo un gradino al di sotto di gente come Mbappé e Haaland, ma impiegarlo in un lavoro sulla fascia che lo obblighi coprire quaranta metri di campo comporta il rischio di appannare Nicolò in fase di rifinitura e di conclusione. Non basta.
Visto che è possibile che il nuovo sistema di gioco visto a Venezia, il 3-4-1-2, possa essere mantenuto anche nelle prossime partite, in questo caso l’utilizzo di Nicolò sarebbe ancora più problematico, perché potrebbe fare o il giocatore a tutta fascia (con i problemi che abbiamo appena evidenziato) oppure l’attaccante puro in coppia con Abraham. Tutte posizioni che il ragazzo non sente sue, visto che si troverebbe più a suo agio in un ruolo da attaccante esterno di un 4-3-3.
L’impressione, però, è che sia difficile che Mourinho cambi, anche perché – dopo il 6-1 di Bodo – nello spogliatoio sono in tanti a raccontare come la sua gestione si sia fatta più severa, mettendo da parte quegli scherzi e quei sorrisi che avevano caratterizzato il primo periodo romano dello Special One.
Poi c’è anche la questione contratto che non rasserena Zaniolo. È noto che il club lo consideri uno dei top player della Roma e che la “ruggine” di questo periodo sia fisiologica e passeggera, tanto che lo stesso Pinto gli ha pronosticato un futuro da Pallone d’oro. Anzi, per stargli vicino gli è stato proposto anche l’ingaggio di un “mental coach” che possa aiutarlo in questo periodo difficile, anche se Nicolò ha detto di non sentirne il bisogno.
Il ragionamento che l’attaccante porta avanti, però, non è peregrino: se è giudicato uno dei più importanti della rosa, il suo ingaggio (2,2 milioni circa con i bonus) non è all’altezza dello status, visto che in tanti (ad esempio, Abraham, Pellegrini, Smalling, Mkhitaryan, El Shaarawy e presto Mancini, che ha trovato l’accordo per il rinnovo) guadagnano più di lui. E allora qualcosa non torna, tant’è vero che da tempo Claudio Vigorelli, agente del giocatore, insieme a Pinto ha posto le basi per il rinnovo, nonostante la società voglia posporre i rinnovi “non urgenti” a fine stagione.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – C. Zucchelli