(…) Mettetevi nei panni di Paulo Fonseca. È nato a Maputo, in Mozambico, città che il calcio ha imparato a conoscere perché lì (…) aveva emesso i primi vagiti Eusebio da Silva Ferreira. Ecco, se diventi grande e ti appassioni al calcio in un luogo dedicato al culto degli attaccanti più forti di tutti i tempi – per intenderci, uno da 626 gol in 633 partite – come fai ad esaltarti per una squadra che conquista un ottimo 0-0 in trasferta, sia pure in casa della capolista Inter? (…)
«Dobbiamo lavorare di più per crescere in fase offensiva – ha detto l’allenatore vedendo i soli 6 tiri tentati – (…). Sbagliamo troppo nelle decisioni degli ultimi metri». Ovvero in fase di rifinitura, e sì che sulla trequarti, potendo contare a regime sui piedi buoni come Pellegrini, Zaniolo, Mkhitaryan e Pastore, i giocatori giusti in linea teorica non mancherebbero affatto.
Così i numeri raccontano come la difesa sia da zona Champions, cioè tra le prime quattro, ma l’attacco ancora non lo sia perché i 26 gol in campionato rappresentano un bottino buono ma non eccezionale. Esattamente identico a quello dello scorso torneo, e con 2 reti in meno rispetto a due stagioni fa (…).
L’impressione è che l’equilibrio trovato dalla Roma sia un compromesso tra la filosofia offensiva di Fonseca e il pragmatismo del d.s. Petrachi. Adesso però occorre accelerare sui gol, perché sul piano del gioco la squadra ha ricevuto a San Siro persino i complimenti di Antonio Conte, che ha visto la capolista Inter (…) – pur giocando in casa – avere meno possesso palla rispetto alla Roma (49,4% contro 50,6).
Certo, agli occhi degli osservatori neutrali rimangono più le occasioni sciupate dai nerazzurri, ma la maggior parte sono venute per errori in impostazione, e Fonseca non ha fatto drammi. «Io preferisco una squadra che abbia il coraggio di osare – ha affermato – a costo di correre qualche rischio» (…).
FONTE: La Gazzetta dello Sport