Uno è diventato un grande alla Roma, l’altro è cresciuto nel vivaio della Juve ed è stato più volte in procinto di tornare sulla panchina bianconera. Entrambi si stimano, si vogliono bene, si frequentano pure lontano dal campo. Quella tra Luciano Spalletti e Gian Piero Gasperini è la vera sfida nella sfida di questo Juventus-Roma, match che potrà dire se i bianconeri sono pronti per restare aggrappati al trenino di testa e se i giallorossi potranno o meno iscriversi alla lotta scudetto.
E pensare che questa volta Gasperini avrebbe potuto davvero chiudere il cerchio della propria carriera tornando a casa: incassato il no di Antonio Conte, il tentativo deciso nei confronti del tecnico di Grugliasco è stata l’ultima mossa di Cristiano Giuntoli da ds bianconero e allo stesso tempo la prima (più blanda) di Damien Comolli subito dopo il suo insediamento. «Mi voleva la Juve, ma ho scelto la Roma perché il progetto era più difficile», ha svelato il Gasp strizzando l’occhio al suo club attuale. E Spalletti? Un amico: «Quando era all’Inter ci è capitato di andare a cena insieme, quando era in Nazionale ci sentivamo spesso. Adesso ci sentiamo poco, ma ci saluteremo cordialmente. Con lui la Juve è migliorata», l’omaggio a Lucio del rivale.
Più generoso il tecnico bianconero. Se l’amico-collega avesse accettato la Juve forse stasera sarebbe ancora il disoccupato più ambito d’Italia, ma nella sua visione Gasperini è stato semplicemente un rivoluzionario del calcio: «Da lui c’è da imparare, il Gasp-brand è un modello di fabbrica, ormai lo fanno tutti, ti vengono
addosso come fa lui. È come Sacchi, ha inventato un modo di giocare al calcio».
E questa sera, la loro, sarà come una partita a scacchi da giocare a mille all’ora, basata sull’uno contro uno a tutto campo, perché «non contano i moduli o le posizioni dei giocatori, ma la capacità di riempire gli spazi», spiega Spalletti. Ora in bilico con la sua Juve tra il tornare in corsa su tutto e lo staccarsi pericolosamente anche dal quarto posto, alimentando magari quel rimpianto rappresentato dallo stesso Gasperini dopo il rifiuto di inizio giugno.
FONTE: La Stampa











