Comunque vada, sarà un insuccesso. Nel momento in cui scriviamo, Dybala non ha ancora ufficializzato la sua risposta alla vagonata di milioni arabi, anche se molti indizi e confidenze fanno pensare che sarà un arrivederci Roma. E questo sarebbe devastante al di là di chiunque, Yamal escluso, dovesse arrivare per prendere il posto del campione argentino.
Ma pure se a sorpresa Paulo dovesse dire resto qui, i danni ci sarebbero perché è evidente come si sia incrinato qualcosa tra allenatore, società e giocatore, anche se la professionalità dimostrata a Cagliari, prima in panchina poi in quello scampolo di partita giocata, possono far credere che i cocci potrebbero essere ricomposti.
Dybala non è stato convinto dai soldi arrivati in groppa a un cammello. Non è così. Basta una semplice ricostruzione per dimostrarlo.
Atto primo. Fine campionato. La Roma si imbarca su un aereo battente bandiera australiana per andare a giocare una remunerativa amichevole contro il Milan. Dybala c’è, perché il ct argentino non lo ha convocato per la coppa America.
Nell’infinito volo, De Rossi e la Joya si parlano. E il giocatore confessa al tecnico, con onestà, che di fronte alle avances di un club da Champions, andrebbe ad ascoltare, anche perché “Daniele qui che progetto c’è?”. De Rossi non la prende bene, la società un po’ meno perché un addio di Dybala consentirebbe all’ad di far quadrare ancora meglio i conti.
Atto secondo. Dura fino alla fine di luglio, cioè alla scadenza della clausola da dodici milioni che consentirebbe al giocatore di salutare. Gli arabi ci avevano provato, ma Paulo ha detto no una, due, tre volte. A Trigoria non la prendono bene.
Atto terzo. 1 agosto: alla casella postale del procuratore Carlos Novel arriva una mail della Roma in cui si invita (eufemismo) il giocatore a considerare l’offerta degli arabi. Ai quali inizialmente l’argentino conferma il suo no, gelando la Roma che insiste. Conseguenza: a Liverpool nell’ultima amichevole contro l’Everton, Dybala rimane in panchina. E’ l’inizio della fine.
FONTE: La Repubblica – P. Torri