Quando è così è facile: tutti colpevoli, società, allenatore e giocatori. Quando è così, però, è troppo facile. Se tutti sono responsabili, nessuno è responsabile, una condanna generalizzata ha sempre in sé qualcosa di assolutorio.
Per questo, in questa Roma che riesce a dare ragione persino alla Souloukou su Palladino, che lei voleva al posto di De Rossi, e su Zalewski, che lei ha messo fuori rosa, io salvo Michele Salzarulo.
È il match analyst espulso perché ha fatto vedere sul tablet all’arbitro Marcenaro l’evidente fallo subito da Ndicka sul secondo gol. Salzarulo faceva parte dello staff di Mourinho, è l’ultimo germe di vitalità e di una specie di romanismo rintracciabile nella desertificazione che vediamo adesso (e che è stata poi completata cacciando Daniele De Rossi da casa).
La Roma che si sta vedendo adesso è niente, e dà fastidio scriverlo perché per un romanista è tutto.
Stavolta sì, è un momento difficile. Ho sempre accettato con diffidenza le definizioni di “momenti difficili” nel calcio e nella Roma in particolare, soprattutto se a 12 anni hai perso la Coppa dei Campioni ai rigori davanti agli occhi, tutto quello che viene dopo ti sembra facilmente assorbibile.
Questo però non è quel tipo di momento difficile, non è nemmeno la Coppa Uefa con l’Inter, né Budapest, né la coppa col Torino, né supplementari con lo Slavia, sceglietevi da soli le vostre ferite che però oltre a fare male spurgavano orgoglio. C’è di peggio persino di perdere col Verona e di prendere 5 gol a Firenze passeggiando. È il niente che (non) vediamo. Questo è un momento difficile perché in quello che vedi in campo e fuori non riconosci la Roma. (…)
Più che le formule che ormai sono un modo di dire (cambiare allenatore, trovare e inserire figure dirigenziali di livello, con riferimenti agli uomini di calcio, agli uomini di Roma, io a questo punto direi uomini e basta) manca proprio qualcuno che ti rappresenti, qualcuno in cui identificarsi, qualcuno che soffra per e con te, qualcuno che si faccia sentire, qualcuno che ti faccia sentire, qualcuno che ti difenda, qualcuno che tremi prima di cedere, qualcuno o qualcosa per la Roma a parte la Roma. Qualcuno che dica che in un mondo di Marcenaro, io sono Salzarulo.
FONTE: Il Romanista – T. Cagnucci