Aveva due obiettivi Daniele De Rossi nel momento in cui si è riunito con i suoi collaboratori per preparare la partita di Brighton, in quei pochi frangenti di tempo che si possono dedicare alla teoria, in un calendario così fitto di impegni: passare il turno senza correre troppi rischi e conservare le energie che la partita potrebbe farti risparmiare in vista dell’ultima sfida di questo complicatissimo segmento di stagione, quella con il Sassuolo all’Olimpico domani pomeriggio.
Da questo punto di vista la missione si può dire compiutissima: la Roma ha saputo contenere gli assalti del Brighton sbarcando senza troppi patemi ai quarti, ha tenuto a Roma Lukaku e a riposo Dybala, El Shaarawy, Paredes, Karsdorp, Angeliño oltre al fuorilista Huijsen (Kristensen è infortunato). E Aouar e Llorente hanno giocato una manciata di minuti.
Teoricamente, dunque, contro il Sassuolo, De Rossi potrebbe schierare un undici quasi completamente nuovo eppure manderebbe in campo una formazione affidabilissima: Svilar in porta, Karsdorp e Angeliño esterni, Llorente e Huijsen in mezzo, Paredes, Aouar e uno tra Cristante e Bove in mezzo al campo, Dybala, Lukaku ed El Shaarawy davanti. Non lo farà, ovviamente, ma potrebbe. Ed è quasi un peccato che successivamente arriverà una sosta che lo priverà di diversi nazionali.
Nella logica che stiamo cominciando a capire e ad apprezzare di Daniele De Rossi, non si è trattato di semplici rotazioni da turn over. Per il tecnico l’esigenza è un’altra: dimostrare con i fatti che quando nei primi giorni ha detto che si fidava di ognuno di loro e che ad ognuno avrebbe dato la sua chance non erano parole in libertà.
La sua insopprimibile esigenza è di evitare tutti gli errori che hanno fatto i tecnici che ha avuto in carriera, con ai primi posti proprio quelli che decantavano magari le lodi di un calciatore in gruppo e poi in campo non gli davano alcuna chance.
Per questa sfida di ritorno, in virtù del rassicurante vantaggio conseguito all’andata aveva in testa l’idea di far riposare Dybala e mandare in campo Baldanzi dal primo minuto in una partita dai fortissimi connotati agonistici e non ha cambiato idea quando a Trigoria Lukaku ha alzato bandiera bianca e si è prospettata l’assenza del belga anche dalla lista dei convocati.
E in più ha ribadito la sua fiducia anche nei confronti di Zalewski, chiedendogli di svolgere anche i compiti che solitamente si accolla El Shaarawy, come quello di occupare la fascia per garantire appoggi offensivi, ma anche in ripiegamento sui necessari raddoppi in contenimento dell’avversario, costruendo così quella linea da quattro in mezzo al campo con cui arginare gli esterni del Brighton.
Baldanzi sa che non è Dybala (e speriamo possa un giorno assomigliargli in tutto), Zalewski sa di essere subalterno a El Shaarawy, e Azmoun è consapevole del valore mondiale di uno come Lukaku. Ma un conto è giocare gli scampoli che un titolare ti lascia, un conto è essere “scelti” per una partita tanto importante.
E infatti hanno risposto con entusiasmo garantendo adeguato contributo sia tatticamente sia individualmente, ognuno, certo, nei limiti delle proprie possibilità. Forse avrebbe potuto aver senso, di fronte alle caratteristiche della squadra avversaria, difendere 4-5-1 e non 4-4-2 come ha fatto la Roma, per non perdere la compattezza centrale e non costringere Bove nelle chiusure in fascia ad allungarsi in ritardo, come ad esempio è avvenuto nell’azione del gol (quando Edo ha pensato troppo a raddoppiare Celik nel duello contro Estupiñan piuttosto che restare a portata della chiusura su Welbeck.
Ma De Rossi deve averlo fatto seguendo un’altra idea, quella di non abbassare troppo la squadra lasciando comunque uno contro uno i centrali in impostazione. Di sicuro l’allenatore della Roma ha saputo comunicare un segreto fondamentale in partite come questa, perdipiù contro squadre tipo il Brighton, allenate cioè da tecnici moderni come De Zerbi: con loro le vie di mezzo non pagano mai.
Dunque, se non c’è modo di alzare pressioni convinte con tutta la squadra a partecipare (dall’attaccante che muove la prima pressione al portiere che deve necessariamente alzarsi anche fuori dalla propria area di rigore), è molto meglio rimanere bassi e difendere in porzioni di campo molto più contenute.
L’esempio plastico? Quel tentativo poco convinto di pressione portato ad un certo punto nel primo tempo, con gli inglesi che hanno verticalizzato in tempi rapidissimi contando su scambi veloci e centrali cadenzati in qualche modo proprio dalle ritardate uscite dei giocatori della Roma.
Al termine dell’azione un tocco quasi involontario di Zalewski in chiusura ha impedito all’ultimo passaggio di andare a segno e De Zerbi in panchina ha accusato il colpo. Il suo Brighton è maestro in certe costruzioni e un gol così pensato e realizzato avrebbe dato ulteriore fiducia in una fase della partita in cui la sua squadra cercava queste certezze.
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FONTE: Il Roimanista – D. Lo Monaco