A Firenze si sono tolti il cappello. Non solo i tifosi della Roma, ma anche alcuni della Fiorentina che in quel ragazzo con la maglia numero sette (chissà che ne pensa Francesco De Gregori) devono aver rivisto un campione del passato, quel Rui Costa che fece innamorare tutta Firenze.
Si sono tolti il cappello di fronte agli straordinari novanta minuti che Lorenzo Pellegrini ha giocato al Franchi venerdì scorso. Padrone della partita, come possono soltanto i campioni, a partire dal primo gol giallorosso con quell’apertura fantastica che Zaniolo ha trasformato nell’assist vincente per Dzeko.
E poi c’è stato tanto altro, compreso il primo gol stagionale con un destro da biliardo a chiudere di fatto gioco, partita e incontro. L’ennesima conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che il ragazzo nato a Cinecittà e cresciuto a Trigoria, è il predestinato a raccogliere l’eredità di giocatori romani e romanisti che hanno fatto la storia della società giallorossa. L’uomo in più, con tutto il rispetto per Alessandro Florenzi, per il presente e il futuro.
E tutto questo deve far riflettere anche sui due mesi di assenza di Pellegrini in questa stagione, una frattura al mignolo del piede destro, l’intervento chirurgico, la riabilitazione. Due mesi in cui Pastore, ora desaparecido per una botta all’anca, ha cercato, riuscendoci pure in parte, a ridimensionare l’assenza di Lollo, ma certo con Pellegrini probabilmente per Fonseca e la Roma le cose sarebbero potute andare meglio.
L’unico rischio che si corre quando si trova un giocatore con le qualità di Lorenzo Pellegrini, è quello del mercato. Cioè squadre con fatturati tripli o quadrupli rispetto a quello della Roma, disposte a offerte indecenti per garantirsi il cartellino del giocatore. Con Lollo il rischio è pure più concreto. Perché come da contratto, si può acquistare con trenta milioni di euro, cioè la cifra della clausola rescissoria. Robetta in tempi come questi dove bastano cinque partite giocate bene perché il prezzo di un giocatore lieviti verso i cinquanta milioni. (…)
FONTE: Il Romanista – P. Torri