No, questo mercato non mi è piaciuto. Non lo dirà (forse) a parole, ma lo fa capire coi gesti Di Francesco: Karsdorp e Kluivert in tribuna, Coric sul divano, Bianda in Primavera, Cristante e Pellegrini in panchina, Nzonzi fuori ruolo e poi sostituito. Insomma la Roma di Monchi al Bernabeu, se escludiamo un eroico Olsen, non ci ha quasi messo piede. Poi c’è il tramite Zaniolo. Nella mitologia romana era Mercurio a portare messaggi tra gli dei. Mercoledì, nella terribile notte madrilena, questo ruolo lo ha ricoperto il 19enne ex Inter che non ha ancora nemmeno una presenza in serie A e si è ritrovato a giocare contro Modric e Isco. «L’ho messo in campo perché lo merita, ma anche per dare un messaggio al gruppo». E quindi a quei giocatori che una volta varcato il portone di Trigoria si sono sentiti in un porto sicuro.
Ma il messaggio ha più di un destinatario. L’utilizzo dell’ex interista è, infatti, l’ennesimo sms in codice alla dirigenza. Di Francesco ha visto partire da quando è sbarcato a Roma: Salah, Paredes, Rüdiger, Emerson, Alisson, Nainggolan e Strootman. Scelte avallate, non tutte ma quasi. Poi però ci sono state le richieste non esaudite: un terzino destro, un regista, un esterno alto di piede mancino. Si è ritrovato, invece, Pastore da adattare nel 4-3-3 e una serie di giovani che Eusebio giudica molto lontani dalla maturità completa. Così Bianda (6 milioni più 5 di bonus) viene spedito a far danni in Primavera, Coric viene utilizzato da esterno alto solo nell’amichevole col Benevento, Kluivert viene usato col contagocce mentre Luca Pellegrini finisce addirittura in tribuna in campionato. L’altro colpo di Monchi, ovvero Schick, ha sempre più il sapore di un Iturbe-bis e non permette di pensare a un dopo Dzeko più sereno.
Acquisti, per ora, sbagliati che costringono Di Francesco ad affidarsi ai senatori. Anche loro, De Rossi a parte (per lui record di presenze in Champions, 58 una più di Totti), sembrano però senza motivazioni. Il reparto più confuso è il centrocampo. Una volta partito il punto fermo Strootman, Di Francesco ha cambiato 5 schieramenti in 5 partite. Mai gli era capitato in carriera. Se non è bocciatura dell’operato di Monchi poco ci manca. Una distanza, quella tra Di Francesco e la dirigenza, che per ora non mette a rischio la panchina di Eusebio ma che pone importanti interrogativi sul futuro proprio come accadde nell’ultimo anno di Garcia. Ieri c’è stato un confronto a Trigoria, in cui è stata ribadita la fiducia ma pure una discreta preoccupazione. Ora ci sono Bologna, Frosinone e Lazio: il futuro passa per le mani della famiglia Inzaghi.