Mentre Mancini sventola il bandierone stavolta solo giallorosso, mentre il Pellegrini giusto festeggia tra le braccia della sua gente, mentre Koné copre con la sua maglia un vessillo sbagliato in capo alll’asta della bandierina e la mostra fiero alla Sud, mentre Gasperini abbraccia chiunque gli capiti a tiro e Massara a bordo campo non sta più nella Pelle, mentre il sole non ha smesso di bruciare l’aria ormai bollente, mentre si aggiorna il dato dell’ultimo derby vinto in casa della Lazio, proviamo a riavvolgere il nastro e a pensare dove e quanto e come e perché si sia vinto davvero il derby numero 186, quest’altra vittoria della Roma nelle stracittadine, questi altri tre punti in campionato (e sono nove, che valgono il secondo posto in attesa dell’ultimo turno della quarta giornata, col Napoli che stasera attende il Pisa e ci farà probabilmente scivolare al terzo posto.
Bello intanto leggere semplicemente il tabellino: Lazio-Roma 0-1, Pellegrini. Lui, il reietto, il capitano detronizzato, quello che non è un atleta (quanto è facile interpretare al contrario le belle parole dette sabato dall’allenatore su di lui), il male della Roma, proprio lui si è rimesso la squadra sulle spalle e ha segnato il quarto gol alla Lazio, tutti e quattro sotto la Nord peraltro, tutti e quattro a determinare altrettante vittorie, una specie di incubo per loro. È bastato il suo gol al 38’ del primo tempo, in pieno stile gasperiniano: palla rubata in pressione alta, immediato scarico da Rensch a Soulé, trasmissione orizzontale verso Pellegrini e gran traiettoria tutta verticale all’angolino più lontano per Provedel, inutilmente proteso.
Un colpo da biliardo, col sigillo della classe cristallina di un ragazzo che poi per festeggiare ha alzato le braccia verso il cielo e verso la sua curva e si è commosso. Perché questa partita per molti non avrebbe neanche dovuto giocarla e invece Gasperini l’ha capito sin da mercoledì che nel prevedibile 3412 che avrebbe permesso i più facili accoppiamenti in pressione alta contro il 433 della Lazio, Pelle sarebbe stato l’uno perfetto dietro ai due, un trequarti di qualità con le gambe a mulinare in fase di non possesso dietro alle traiettorie di Rovella, ma pronto poi ad ispirare Soulé e Ferguson all’occorrenza: e se fosse capitato il pallone giusto… Appunto.
Dietro il terzetto più offensivo Gasperini ha fatto scelte obbligate, con Rensch e Angeliño sulle fasce (con Wesley alle prese con un virus intestinale e Tsimikas a scaldare i motori in vista di Nizza mercoledì), Koné e Cristante nel mezzo, Celik terzo di difesa al posto dell’acciaccato Hermoso accanto a Mancini e Ndicka. Sarri invece aveva provato a sorprendere il collega mandando in campo il veterano Pedro al posto dell’acerbo Cancellieri, con (grazie a) Dia al centro dell’attacco (e Castellanos pronto a subentrare nella ripresa) e Zaccagni a sinistra, pericolo pubblico numero uno. In mezzo ha rischiato Dele Bashiru e Rovella, ma ha fatto male perché uno si è arreso al 12’ (al suo posto Belehyane) e l’altro ha chiesto il cambio al 34’, ma è rimasto in campo stringendo i denti fino all’intervallo solo per non far sprecare il secondo slot delle sostituzioni). L’unico buono, Guendozi, ha sprecato la maggior parte delle energie per protestare contro l’arbitro e contro gli avversari, finendo ingloriosamente espulso a fine partita: al centro delle sue lamentele un presuntissimo fallo di Mancini su Castellanos nell’azione al 94’ che ha portato al palo di Cataldi, un contatto di petto addirittura che il francese come dimostrano le immagini non ha neanche potuto vedere. In difesa Sarri ha schierato Marusic a destra, Nuno Tavares a sinistra (quello che ha combinato il patatrac facendosi soffiare male il pallone da Rensch, confermando quanto si sa di lui: che i limiti difensivi sono più invasivi dei pregi della velocissima progressione) e in mezzo Gila e Romagnoli.
La Roma è partita forte con le pressioni altissime uomo contro uomo, naturali: Soulé su Romagnoli, Ferguson su Gila, Rensch e Angeliño alti su Tavares e Marusic, Pellegrini su Rovella, Koné su Dele Bashiru e poi Belahyane, Cristante su Guendozi, Celik su Zaccagni, Mancini su Dia e Ndicka su Pedro che però viaggiava molto su sentieri a volte sconosciuti e creava varchi improvvisi dove i laziali sapevano infilarsi rapidi. Il primo tentativo di tiro è stato proprio dello spagnolo, alto al 17’. Al 23’ ci ha provato invece Tavares, fuori misura. Fino al primo cooling break il quadro era questo: la Roma a palleggiare e a pressare alto, la Lazio a muovere la palla in verticale con movimenti studiati in diagonale per cercare le maglie lente della difesa giallorossa. Al 29’ Zaccagni è rientrato da sinistra sul destro costringendo Svilar ad alzarsi in tuffo per deviare oltre la traversa, sul relativo corner Romagnoli ha saltato alto di testa, deviando alto. Al 33’ proprio uno di quei movimenti civetta in combinazione rapida ha portato Rovella ad involarsi imbeccato da Guendozi verso la porta di Svilar vanamente seguito da Pellegrini, ma la rifinitura è risultata approssimativa e il pericolo è stato scampato.
Rovella ha pagato lo sforzo con il riacutizzarsi del dolore agli adduttori, ma Sarri gli ha chiesto di resistere ancora un po’, avendo già dovuto sostituire Dele-Bashiru. Ne ha approfittato Pellegrini che al 38’ ha sfruttato nel modo migliore una transizione rapida nata dalla palla rubata da Rensch a Tavares, con trasmissione verso Soulé e poi a Lollo-gol, bravo a chiudere la questione calciando forte in diagonale. Al 41’ Soulé ha cercato il raddoppio su punizione, ma Provedel era sulla traiettoria, al 43’ Guendozi ha crossato basso dentro l’area, respinto, poi ha avuto due chanche Angeliño, sprecate, poi ci ha provato ancora Pellegrini di sinistro su altra imbeccata di Rensch e al 48’ proprio l’esterno olandese ha avuto la palla del 2-0, su un bel giro palla veloce romanista, con cross di Angeliño da sinistra con spizzata di Ferguson proprio a liberare Rensch che però ha tirato addosso a Provedel.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco











