“A Trigoria è casa mia”. Al cuor non si comanda, specialmente se è quello di un uomo che ha vissuto quell’amore per oltre vent’anni. E che continuerà a viverlo per sempre. E pazienza se Daniele De Rossi ha dovuto lasciare il Fulvio Bernardini nel peggior modo possibile, vedendo una società chiudergli la porta in faccia dopo appena quattro partite di campionato.
Un pensiero alimentato non intenzionalmente ieri da Daniele che è stato inserito nella “Hall of Fame” della Nazionale per la vittoria del Mondiale del 2006. E, incalzato mentre era sul palco della premiazione, il tecnico è tornato a parlare dell’ambiente giallorosso: «Al di là delle dinamiche che ci sono prima da giocatore e poi da allenatore, che fanno parte del mestiere, a Trigoria sono di casa, come ha detto il presidente (Friedkin, ndr). Ci lavora anche mio padre… Nei posti dove uno è stato bene ci torna: non ci andrò a fare colazione ma come tornerò a Coverciano tornerò anche al Fulvio Bernardini».
Sguardo disteso, rilassato, ha parlato di Trigoria in termini sentimentali, senza alludere a un rientro da allenatore. Per quello non ha ricevuto una telefonata da Friedkin, ma se dovesse arrivare tornerebbe senza pensarci. Un altro si per amore, come quello di dieci mesi fa. E lo direbbe per continuare quello che ha cominciato, per aiutare la Roma e quelli che reputa i suoi giocatori a uscire dalla crisi.
E ora De Rossi è entrato ancor più nella storia, aspettando anche l’ingresso nella Hall of Fame romanista: «Dissi al presidente di farlo più avanti, ci sarà tempo e modo». Perché una cosa è certa, e la sanno tutti: De Rossi prima o poi tornerà ad allenare a Trigoria. Casa sua.
FONTE: Il Corriere dello Sport – J. Aliprandi