Atalanta-Roma è la prova della natura umana e non divina di Mourinho. Non si può chiedere un miracolo al tecnico portoghese, se è costretto a sfidare l’aggressività di Gasperini con una squadra costantemente incompleta, senza attaccanti capaci di finalizzare, con Dybala al 20%, con la necessità di far rifiatare Matic ed El Shaarawy, con il rimbalzo sul palo di Pellegrini che riporta la palla in gioco e, da ultimo, con un portiere che cade nella seconda papera della stagione.
Lo Special ha fatto ciò che è nella potestà di un grande tattico e un grande motivatore, ha portato una macchina incompiuta e difettosa a simulare la perfezione, in maniera così verosimile da apparire reale. Perché il quarto posto che, a dispetto di tutti questi limiti, la Roma sconfitta a Bergamo difende in classifica, a pari merito con il Milan, è tutt’altro che fantasia. È piuttosto una frontiera fragilissima, conquistata grazie al magistero di un allenatore capace di pretendere e ottenere il meglio da un materiale umano impari rispetto alle ambizioni del club e della piazza.
L’impresa di Europa League cade come un onere aggiuntivo che rischia di rivelarsi una zavorra sul futuro del campionato. Le sette gare che mancano al finale, e da cui dipendono le chance della qualificazione in Champions League, sono la scommessa più ardua nell’avventura capitolina del tecnico portoghese. Una prova del fuoco che, nelle condizioni date, richiede davvero un salto dal prodigio al miracolo.
FONTE: Il Corriere dello Sport – A. Barbano