n principio era Tiago Pinto e la sua idea di calcio sostenibile. Visione comprensibile per un dirigente che si ritrova a dover fare i conti con un bilancio in miglioramento sì, ma sempre in perdita da una parte e i paletti imposti dall’Uefa dall’altra. Una visione in contrasto però, con l’urgenza della vittoria portata da un profilo come quello di José Mourinho, più legato al qui e ora che all’attesa.
Oggi, tre anni più tardi rispetto alla genesi romanista citata all’inizio, siamo di fronte ad una nuova partenza, con Florent Ghisolfi e Daniele De Rossi a sostituire i due portoghesi di cui sopra. L’obiettivo rimane quello di tornare a vincere, nel più breve tempo possibile, ma questa volta i pensieri di ds – o responsabile dell’area tecnica, se preferite – e allenatore sembrerebbero più in sintonia.
Dopo estati a caccia del grande affare “low cost” per quel che riguarda il cartellino, anche a costo di gonfiare un monte ingaggi – terzo in Serie A sotto soltanto a Juventus e Inter – arrivato a sforare i 100 milioni netti l’anno, da Trigoria filtra una prospettiva diversa. L’input ora è quello di “creare valore”. Stop quindi a giocatori in prestito, che l’anno scorso hanno rappresentato oltre il 25% della rosa, e caccia a investimenti futuribili.
Una strada, a dire il vero, tracciata in qualche modo dall’ultimo colpo targato Pinto: l’acquisto a 15 milioni – tra parte fissa e bonus – di Baldanzi dall’Empoli.
Un esborso economico importante da spalmare però sui 4 anni e mezzo di contratto firmati con il toscano. Un discorso che, se applicato, spiega perché un eventuale acquisto di Omorodion, valutato intorno ai 35 milioni di euro, potrebbe risultare “alla portata” rispetto ad un Lukaku in prestito. Allo spagnolo, classe 2004, si potrebbe offrire un accordo fino al 2029, dividendo l’investimento su cinque esercizi per un totale stimabile intorno ai 7 milioni a bilancio.
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FONTE: Il Romanista – S. Valdarchi