E adesso il gioco si fa ancora più duro. Perché mancano sessanta giorni alla fine della stagione e perché nelle prossime tre settimane tanto di deciderà del futuro della Roma tra campionato e coppa. E, di conseguenza, anche del futuro di Daniele De Rossi. Lecce, Lazio, Udinese e Bologna in Serie A, la doppia sfida col Milan invece in Europa League.
In venti giorni la squadra dovrà riuscire a tenere il passo delle altre pretendenti al quarto posto per poi giocarsi il tutto per tutto nelle ultime cinque partite di campionato. Non proprio semplici visto che dopo il Bologna la Roma dovrà affrontare Napoli, Juventus e Atalanta una dietro l’altra.
I due mesi della verità, anche per De Rossi costretto al tour de force, alla gestione dei giocatori e impegni decisamente importanti con sette big match in undici partite.
Il tecnico non vuole certo farsi trovare impreparato e salvo quei due giorni trascorsi a Madrid per festeggiare il compleanno della moglie Sara, ha trascorso gran parte del tempo di questa sosta al Fulvio Bernardini. Anzi, praticamente giorno e notte.
Dalla mattina fino a tarda serata, anche quando la squadra aveva i giorni di riposo, lui e il suo staff hanno studiato, lavorato, preparato i prossimi impegni. Un lavoro ossessivo, senza sosta per non lasciare nulla al caso né delle strategie delle gare, né del proprio destino.
Chi gli gravita attorno lo supporta in ogni sua richiesta, la cura al dettaglio è una massima della sua preparazione alla partita. Del resto lo ha detto anche lui mercoledì durante il Business Club andato in scena a Trigoria: “Un allenatore lavora tante ore al giorno e deve essere ossessionato dalla perfezione. L’allenatore deve essere maniacale. Ho sempre saputo di fare questo mestiere, ma ho cominciato a dirlo alle persone a me vicine negli ultimi 5-6 anni della mia carriera. E poi non è semplice fare l’allenatore: un conto è essere un giocatore intelligente tatticamente, come lo ero io, un conto è trasferire quei concetti da allenatore ad altri calciatori, cercando di coinvolgerli”.
FONTE: Il Corriere dello Sport – J. Aliprandi