Certe volte serve la fortuna. Che arriva nel momento migliore. Fortuna che non ti ha mai dato una mano quando ne avevi veramente bisogno. Di Francesco la coglie oggi e la rimpiange per quelle volte, nelle prime giornate, quando ha girato le spalle. Ora la Roma è tornata a vincere con continuità, da Frosinone a oggi sembrano passati tre anni, invece siamo a solo dieci giorni. In mezzo un film, il derby, la Champions, il ritorno a Empoli con il successo tra gli amici. Eusebio gongola, come il nano di Biancaneve, che poi si fa subito austero come Brontolo. «Il secondo tempo non abbiamo fatto bene, abbiamo dato coraggio all’Empoli, che alla fine merita qualcosa in più».
L’ERRORE – Qualcosa in più significa almeno un gol, che Caputo si è mangiato. E potevano essere anche due, ma ora non esageriamo. E qui torniamo alla fortuna, che prima non c’era e ora c’è, se ne è accorto anche Totti che, inquadrato, si fa scappare un «tanto lo sbaglia» sul rigore di Caputo. Tombola. L’importante è non perdere la testa, la concentrazione. L’umiltà. «Nel secondo tempo siamo entrati con gli atteggiamenti sbagliati, superficiali. Dovevamo essere più cinici, andare al tiro con più continuità. Dobbiamo crescere ancora tanto. L’autostima ti deve portare a lavorare con più umiltà e noi a volte la perdiamo a livello di squadra».
LA DIFESA A TRE – Momento di sbandamento quando DiFra ha deciso di passare alla difesa a tre: la squadra si è abbassata troppo. Comunicazione sbagliata con De Rossi, molto muscolare con Fazio. «Cosa mi sono detto con Daniele? De Rossi è sordo da un orecchio e allora gli ho detto di spiegarlo bene… Con i tre dietro volevo impedire a Caputo di andare in profondità. Il terzino poteva dare più copertura, devono lavorare più insieme. Luca Pellegrini? Deve continuare con umiltà, ma ha grande consapevolezza. Non subisce la pressione e per questo ha giocato. Io non guardo l’età, ma se hai o non hai le caratteristiche per giocare. Poteva essere più bravo in alcune occasioni, l’ho cambiato perché ha avuto un problemino al polpaccio a fine primo tempo». Ecco, questo non ci voleva.
LA FELICITÀ – Il piccolo Pellegrini non può che essere felice. «So quanto ho lavorato per fare questo», Luca si riferisce all’anno di inattività per la rottura del crociato prima e della rotula poi. «Mi hanno aiutato tutti, siamo una famiglia. Tutti hanno speso una parola per me, dandomi consigli. Non potevo chiedere preparazione migliore. Ho vissuto momenti difficili, ma ti aiutano molto e ti fanno capire quanto sei forte di testa. È una cosa mentale. Kolarov? Un grande maestro, rubo con gli occhi ogni minima cosa. Il mio idolo da bambino? Bale, faceva il terzino. Il contrario di quello che è successo a me».