Analizzando i valori, annusando l’atmosfera, ricordando i precedenti, il vento soffia a favore dei più forti. Ma il calcio è spesso gesto imponderabile, magia clandestina. Nessuno è perfetto, nemmeno l’Inter campione d’ltalia. Chissà allora se la Roma, tra le impalcature del suo cantiere, saprà trovare dentro di sé le idee che servono a progettare un impresa.
Juric, obbligato a trovare in fretta una formula vincente per allontanare la tempesta, torna a respirare il talento che temeva perduto: riparte Dybala, recupera Dovbyk. Con la doppia D può sempre succedere qualcosa in attacco, anche se la differente concretezza di questo inizio di stagione ha premiato la qualità di Inzaghi: l’Inter in sette giornate ha segnato il doppio dei gol, 16 contro 8, pur calciando verso la porta tre volte in meno (115 contro 118). Dettagli? Sì e no.
La Roma non è una grande squadra e non potrebbe esserlo. Ha cambiato tanto in estate, anche dentro alla stessa estate turbolenta, ha esonerato De Rossi “per vincere trofei” come da espressione grottesca dei Friedkin, non ha ancora deciso da che parte stare. Cerca conferme sulle potenzialità che un mercato aggressivo e confuso non ha svelato. Ma nell’evento singolo possiede le caratteristiche che possono infastidire il nobile ospite, spogliato momentaneamente della ferocia della seconda stella.
La tenuta difensiva, in particolare, è un’incognita da sistemare per l’Inter: in quattro partite su sette Sommer ha incassato due gol, che sono tantissimi per le abitudini della Serie A d’élite. Mettiamola così: se Juric riesce a difendere bene, tenendo il punteggio basso, ha discrete possibilità di ottenere un risultato positivo perché dall’altra parte del campo le situazioni buone per segnare capiteranno.
Si affrontano due allenatori che credono fermamente nella difesa a tre (o a cinque), pur interpretandola in maniera quasi opposta. Inzaghi gioca per dominare, Juric per strappare. Eppure le due squadre, per come sono state concepite in estate, hanno molti elementi in comune. A parte la prima partita e mezzo dopo la svolta tecnica, la Roma è sembrata molto simile a quella orizzontale e ragionata in pieno stile De Rossi: tiene molto la palla, anche troppo, e cerca di occupare con tanti giocatori gli ultimi trenta metri.
Sarà interessante capire se stavolta l’Inter, per scelta strategica, glielo concederà. In caso contrario, in una partita basata sull’aggressività, Juric potrebbe sfruttare gli spazi nei quali Dovbyk ha dimostrato di divertirsi. Il copione preferito sia dall’allenatore che dal centravanti.
Certo, sarebbe stato importante il fattore Olimpico come complice di un agognato ribaltone. Ma la Curva Sud ha deciso di confermare lo sciopero, diretto ai Friedkin e ai giocatori, ed entrerà allo stadio dopo il primo quarto d’ora. E’ un minus che si aggiunge alla distanza di livello, che il rientro di Barella potrebbe addirittura esasperare, e complesso d’inferiorità: la Roma non batte l’Inter in casa da otto anni e nello scorso campionato ha afferrato solo un punto su trenta (!) dalle cinque squadre che si sono qualificate per la Champions.
Ma siccome l’obiettivo dichiarato della società è quello, risalire nel quartetto dei privilegiati, la tendenza va modificata: ci sono momenti in cui l’occasione è più importante del pericolo. È bene però non contare sulla distrazione europea dell’Inter, che mercoledì gioca contro i piccoli Young Boys a Berna. Semmai sulla sottovalutazione di un campionato più complicato del previsto da (ri) vincere: se il Napoli rispetta il pronostico a Empoli, i migliori devono rispondere al volo. Non è scontato che succeda, soprattutto se la sindrome da appagamento continuerà ad anestetizzare le motivazioni.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida