Una perdita impossibile, un dolore che Paulo Dybala risparmia al suo popolo con una giocata fantasiosa, con un pallonetto a scavalcare la linea scontata e prevedibile del gioco. Rimette in ordine i valori, cerca l’equilibrio fra la testa, il cuore, la pancia per dimenticare il mondo che (intorno) fa il suo giro come un vento prepotente e bastardo. Il contropiede all’invasione barbarica (quella dei soldi: e va detto che ce ne sono già a sufficienza, nelle tasche) ci evita la messa a riposo dei vocaboli e delle emozioni che attorno a Dybala si radunano: speranza, delusione, felicità, desiderio, inganno. Le attese del talento nel quale un tifoso riconosce le sue fantasie in gesti superiori.
Arrivato 19enne ha deciso di esaurire qui tutte le sue forze, i suoi gol, i suoi assist. Sentendo nella competizione l’ultima sfida da onorare in carriera: questa sfida, e quel popolo, quello sguardo intenso e competente, quello spettacolo e quinta scenica sono la bellezza che il calciatore non ha voluto perdere. La scelta di Dybala diventa così una forma di espressione del suo talento. Gli assegna perfino e in modo finalmente integrale un ruolo centrale, lo accresce. Se questa luce, se questo spazio aperto all’immaginazione sono quella bellezza necessaria che abbiamo temuto di perdere, allora dobbiamo usare i sentimenti per proteggerla: è l’unico strumento che la cultura ci offre.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – M. Bucciantini