Indecent proposal: così Dan e Ryan Friedkin capiscono al volo. Lo scambio Dzeko-Sanchez con l’aggiunta dalla Capitale di un paio di milioni (la differenza tra i due stipendi, tassazione agevolata del cileno inclusa) o il prestito di Pinamonti ha in chiave romanista i caratteri della proposta indecente. Premetto che nello scontro tra il centravanti e Fonseca siamo dalla parte dell’allenatore che, oltre alle offese, ha dovuto digerire atteggiamenti intollerabili sul campo: nelle ultime uscite il capitano degradato, più volte tutelato pubblicamente dallo stesso Fonseca, non ha lottato come i compagni, ha più brontolato che corso, risultando un corpo estraneo anche alla partita.
Ma vengo al punto: soltanto sei mesi fa un agente di fiducia del club si presentò con 17 milioni e mezzo della Juve per Dzeko, al quale la Roma aveva da poco garantito un rinnovo triennale da 7,5 a stagione. L’ad Guido Fienga, che nel primo periodo dei Friedkin si era dovuto occupare anche delle pulizie di Trigoria, oltre che del mercato, non avendo trovato un’alternativa di pari livello (Milik fu stranamente “ricusato”) non li accettò e in seconda battuta convinse Edin a restare rammentandogli lo sforzo economico sostenuto per trattenerlo (la terza volta in meno di due anni, peraltro). A distanza di poco tempo, la stessa Roma affidata a Tiago Pinto, che è quasi coetaneo di Dzeko, 36 e 35 anni, dovrebbe consegnare la prima punta all’Inter, concorrente diretta nella corsa al posto Champions, per ricevere la terza scelta d’attacco di Conte.
Dzeko vuole andar via e Fonseca, uomo di princìpi, chiede giocatori disposti a dare tutto per la squadra, nel rispetto di ruoli e compiti: il rapporto è attualmente compromesso, ma l’esempio, indicato dai più, dell’Atalanta con il Papu non regge: la nuova Roma non è ancora una società strutturata e non ha in casa l’omologo di Dzeko (l’Ilicic di Gomez, per intenderci). E poi se uno scambio del genere si dovesse realizzare a pagarne le conseguenze non sarebbe Dzeko, bensì proprio Fonseca che di fronte alle prime cadute verrebbe accusato di averlo incoraggiato.
Il calcio non ha memoria e coltiva un solo valore, quello del profitto. Del risultato sportivo. Riflessione finale con tanto di incroci rischiosi e possibili effetti collaterali: alla Roma è tornato El Shaarawy, che per caratteristiche occupa in prevalenza la posizione di Mkhitaryan, il quale con il 70% delle presenze e in assenza di un progetto convincente a fine giugno potrebbe svincolarsi.
L’affollamento sulla trequarti costringerebbe inoltre Pellegrini, che ama muoversi tra le linee, ad arretrare: non gradirebbe. Sanchez è un surrogato di Pedro e tra pochi mesi rientrerà Zaniolo. Sempre lì: sul centrodestra. Alla fine Diana Murphy accettò la proposta indecente di John Gage. Ma si divertì di più lui.
FONTE: Il Corriere dello Sport – I. Zazzaroni