Non ha mai chiarito se faccia il tifo per la Roma o per la Lazio, essendo romano e cresciuto prima nel settore giovanile biancoceleste e poi in quello giallorosso. Ciò che conta è che a Trigoria, sette anni fa, era l’estate del 2017, sono state aperte le porte, Davide Frattesi è scappato e non è più tornato. La Roma lo ha sacrificato per mettere sotto contratto Defrel. Da lì vari giri di prestito, Ascoli, Empoli, Monza, per poi tornare in Emilia, affermarsi ed essere ceduto a titolo definitivo dall’Inter. Che la Roma fosse pentita non è un’illazione ma cronaca. E lo dimostra il fatto che negli ultimi anni, prima che arrivasse Marotta, Davide è tornato nel mirino dei giallorossi, ma la valutazione del club di Trigoria non combaciava con le esigenze del Sassuolo.
Pinto ha ammesso candidamente di aver provato a riprenderlo, ma senza riuscirci. Ha avuto la meglio, qualche tempo dopo “l’ossessione Sanches” e sappiamo com’è andata a finire. Frattesi era l’uomo ideale per Mourinho, poi per De Rossi e lo sarebbe anche nella Roma di oggi guidata da Juric. Un uomo buono per tutte le stagioni, per tutti gli allenatori. O forse non tutti: Simone Inzaghi lo considera e lo utilizza come dodicesimo, in quel centrocampo Davide non ha un posto fisso e questo è un peccato, specie se calcoliamo quanto servirebbe qui.
Lui non vedeva l’ora di tornare, al di là delle sue simpatie per una o per l’altra squadra della Capitale. A Trigoria ha vissuto la sua migliore gioventù ed era/è molto attaccato a Bruno Conti che, nonostante nel tempo abbiano depotenziato, resta una incredibile calamita per i calciatori che si affacciano al grande calcio. Quest’anno è stato titolare, in campionato 3 volte su 7, le altre quattro è subentrato. Belli i tempi in cui, con la maglia del Sassuolo, giocava 35 gare da titolare, prima di trasferirsi in nerazzurro.
Davide è felice oggi? Beh, per adesso si accontenta, sta vincendo, gioca la Champions, è in una squadra che, a detta di tutti, è una corazzata. È chiaro che un conto è essere considerato un titolare, un altro è essere l’alternativa. Un ruolo che non conosce, ad esempio, in Nazionale: Spalletti non lo molla un secondo, dell’Italia post Mancini lui è il più presente e quello che ha segnato di più. Gioca da incursore, partendo da mezz’ala, è il ruolo che gli piace di più. Davide è cresciuto con il mito di De Rossi, indossa la sua maglia e il papà di Daniele, Alberto, lo ha aiutato a imporsi e a diventare quello che ora è. Stasera in qualche modo lo vedremo in campo e lui volerà come sempre. E in tribuna, i rimpianti non si placheranno. L’uomo in più per l’Inter, è il mancante nella Roma. Strani giochi del destino.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni