La fumata bianca ufficiosa è arrivata poco dopo la mezzanotte del 6 agosto, mentre il comunicato di conferma alla Consob è stato pubblicato alle 8 di mattina spaccate: la Roma è passata dalle mani di James Pallotta a quelle del gruppo guidato da Dan Friedkin.
A quasi un anno di distanza dai primi passi compiuti per tentare l’ingresso nel mondo del calcio, iniziando lo studio dei conti del club capitolino, il magnate texano è riuscito a firmare un contratto preliminare per l’acquisto della società di Trigoria, raggiungendo l’obiettivo che era sfumato ad inizio marzo a causa della diffusione mondiale del Coronavirus: “AS Roma SPV, LLC, azionista di maggioranza di AS Roma S.p.A., annuncia – questo il testo della nota per i mercati – la sottoscrizione di un accordo vincolante di acquisto di azioni con The Friedkin Group, Inc. ai sensi del quale, tra le altre cose, AS Roma SPV cederà a Friedkin la sua partecipazione di controllo detenuta nel Club e alcune attività correlate, compresi i fondi che ha messo a disposizione del Club per supportare la sua prevista capitalizzazione, e Friedkin assumerà alcune passività relative al Club. L’Operazione sarà effettuata attraverso una cessione a Friedkin dell’intera partecipazione detenuta da AS Roma SPV nel Club pari all’86,6% del capitale sociale del Club, per un prezzo di acquisto pari a Euro 0,1165 per azione. L’Operazione prevede che Friedkin acquisisca, oltre al 100% del capitale azionario di NEEP (ha in pancia le società dello stadio, ndr), anche il 100% del capitale sociale di ASR Soccer LP S.r.l. e il 100% del capitale azionario di ASR Retail TDV S.p.A. L’Operazione è valutata in circa 591 milioni di euro”.
La suddivisione di tale cifra è la seguente: 200 milioni di equity che finisce nelle tasche di Pallotta (è descritto come frustrato per l’investimento chiuso con una perdita e perché il suo obiettivo era quello di non dare il club a Friedkin), 300 milioni a coprire la situazione debitoria e infine 91 milioni da versare nelle casse societarie come aumento di capitale. I prossimi passi porteranno al closing entro il 17 di agosto: le firme saranno apposte a Londra – Friedkin ha creato nel Regno Unito una newco apposita per l’affare – e contestualmente davanti ad un notaio a Roma, dove saranno siglati gli ultimi documenti.
Prima delle firme verranno convocate le assemblee delle 10 società (più Roma Cares) che compongono la galassia giallorossa, mentre l’undicesima, quella di AS Roma Spa, andrà in scena ad ottobre. Nel frattempo si dimetteranno 7 dei 15 consiglieri d’amministrazione del club, con la probabile conferma di tutti i componenti italiani e l’uscita di gran parte di quelli statunitensi: Friedkin, che vorrebbe venire in Italia a cavallo di Ferragosto, ne nominerà altri 7, con il probabile ingresso di Watts, suo braccio destro, del figlio Ryan che sarà operativo nella Capitale, e di Andrea Leone, figlio del grande regista Sergio e partner del gruppo di Houston nel campo delle produzioni cinematografiche. Il cronoprogramma dei prossimi giorni è stato scandito dallo stesso comunicato alla Consob, che fa inoltre riferimento al deposito di garanzia (si vocifera di 100 milioni di euro) e al lancio dell’Opa a seguito del closing.
Una volta espletate tutte le procedure per il passaggio delle azioni i Friedkin metteranno ufficialmente le mani sulla Roma e inizieranno a prendere le decisioni su tutti i campi: dirigenza, mercato e stadio. Sul fronte del futuro impianto arrivano importanti novità e sono stati anche segnalati nuovi contatti tra Friedkin e Vitek. Oggi in Giunta Raggi saranno portati i testi degli accordi con la Regione Lazio e con la Città Metropolitana: l’adozione di questi documenti dà il via all’iter che porterà al voto in Consiglio comunale del progetto. La strada per Tor di Valle sembra quindi spianata e non è ovviamente da escludere un eventuale accordo con la Toyota per i futuri naming rights, sulla falsariga di quanto fatto diversi anni fa dagli Houston Rockets.
Sul fronte mercato bisognerà scegliere un direttore sportivo, una poltrona per la quale si fanno i nomi di Petrachi (tornerebbe di corsa), Burdisso e quello di Sabatini, ancora attento a tutte le vicende giallorosse. Qualsiasi sarà il ds l’input è quello di non considerare assolutamente le cessioni di Zaniolo e Pellegrini, le basi su cui costruire la futura Roma. Tutto in ballo il destino degli attuali dirigenti: probabilmente in una prima fase sono destinati a restare Fienga e Calvo, con gli altri (Baldini compreso) più vicini all’uscita. Saranno giorni frenetici, c’è una stagione da preparare in poco tempo.
FONTE: Il Tempo – F. Biafora