Soltanto poche ore prima, nello spogliatoio di San Siro dopo il ko con il Milan, aveva invitato la squadra a non mollare: “Tempo tre partite e torneremo in zona Champions, seguitemi”.
Così ieri Mourinho, quando ha varcato i cancelli del Fulvio Bernardini, era pronto a dirigere l’allenamento delle 10,45. Alle 8,30 è stato chiamato da Dan Friedkin, sbarcato nella Capitale la sera prima. È bastata mezz’ora per dirsi addio. Seduta posticipata al pomeriggio, nell’attesa che il tecnico lasciasse Trigoria. Trasfigurato in volto, in una versione lusitana dell’urlo di Munch, José si è fermato per un paio di scatti con i tifosi nel piazzale Dino Viola.
Commosso, invece, quando ha dovuto salutare la squadra. Non se l’aspettava. Da uomo di calcio, con mille amicizie sparse in Europa e nel mondo, era venuto a conoscenza di colloqui indiretti sia con Thiago Motta che con Xabi Alonso ma era certo che riguardassero la prossima stagione.
Dan Friedkin non aveva mai digerito di esser stato messo spalle al muro, quando Mourinho era uscito allo scoperto, dichiarando apertamente di voler restare anche con un progetto fondato su giovani. (…) Per una proprietà che non parla ma che ha una cultura di decisionismo aziendale ben precisa, la misura era colma.
Così Mou, dopo aver svuotato lo studio e salutato, è salito in auto e ha fatto un giro singolare, simile ad un commiato, passando per l’Eur, Monteverde, il Gianicolo per poi entrare in un noto hotel a 400 metri da casa di… De Rossi. Poco prima, un camion con quanto caricato nel centro sportivo, aveva provveduto a scaricare il materiale del portoghese nel deposito dell’albergo.
FONTE: Il Messaggero