(…) Era già successo a Mourinho di non parlare dopo le partite, era già successo alla Roma di chiudersi nel silenzio stampa secondo la logica descritta nell’Ottocento da Thomas Carlyle. «La parola è d’argento, il silenzio è d’oro» garantiva il filosofo scozzese, evidenziando il valore del tacere in momenti strategici. Il punto è che in questa circostanza, nonostante le ruvide rimostranze televisive dell’allenatore avversario Gasperini, la società aveva davvero poche alternative per difendere le proprie tesi.
I Friedkin non erano all’Olimpico e comunque non si sarebbero mai esposti attraverso un comunicato di censura per l’arbitraggio: non hanno espresso la loro posizione neppure dopo la finale di Budapest, in cui gli errori dell’inglese Taylor incisero non poco sulla sconfitta. Tiago Pinto è ormai con la testa fuori dalla Roma, ha già comunicato le dimissioni e si sta dedicando solo alla conclusione di un mercato accettabile, sia in entrata sia in uscita. Lina Souloukou infine, pur essendo molto coinvolta nelle vicende della squadra, non è mai uscita allo scoperto da quando è stata assunta come Ceo per commentare questioni calcistiche.
Si torna quindi all’assenza, rumorosa quanto il silenzio, di un dirigente che sappia esprimere davanti a microfoni e videofonini la posizione politica del club, magari supportando l’allenatore nelle battaglie. Mourinho aveva chiesto un sostegno proprio a Budapest, per non doversi sempre posizionare in prima linea, ma non è mai stato accontentato.
Adesso, sperando nel rinnovo del contratto in scadenza, non sarà lui a tornare sull’argomento alimentando tensioni interne. Così come non insisterà per suggerire ai Friedkin un valido erede di Tiago Pinto, il direttore sportivo che si vanta pubblicamente di averlo scelto nel 2021 pur sapendo che la storia è molto diversa: a volte le parole sono di un metallo meno nobile, anche dell’argento.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida