Ha scelto di fare un anno sabbatico sulla Costa Azzurra in attesa della chiama giusta. Rudi Garcia però non ce la fa a stare lontano dal calcio che conta e così martedì inizierà a fare il commentatore per Canal Plus con Lille-Wolfsburg. “Spero di poter fare la seconda voce anche per le squadre italiane impegnate in Champions.
È un modo per restare in contatto con il livello più alto del calcio europeo. Sarà una bellissima esperienza, ma spero duri poco, perché ho voglia di tornare in panchina“. Il tecnico francese a fine stagione ha lasciato il Lione, dopo averlo portato l’anno precedente in semifinale di Champions. In questa intervista racconta la Roma, il suo amore per Roma, la sua nostalgia di Roma.
In estate ti aveva cercato la Fiorentina…. “Mi avevano cercato tanti club, ma non mi interessava andare in una squadra che non gioca la Champions o che non può raggiungerla, non è nei miei piani. Sono diventato esigente, adesso è così”.
Nell’esperienza alla Roma due secondi posti e il merito di aver lanciato Pellegrini.,, “Quanto è bravo Lorenzo! Ha tutto per essere un grande calciatore. È forte tecnicamente, è alto per essere un centrocampista e soprattutto ha una comprensione tattica non comune. Gli dici una cosa e la assorbe subito, è molto intelligente. L’aspetto in cui sta migliorando da alcune stagioni riguarda i numeri: sa fare gol e assist, è un giocatore completo”.
Il ruolo di trequartista gli è più congeniale? “Può giocare in tutti i ruoli, sa fare tutto, lo vedo bene in questi ultimi mesi perché ha più libertà in fase offensiva, può arrivare in porta”.
Oggi è il capitano, porta la fascia che è stata di Totti. Da ragazzo si vedeva che aveva personalità? “Sì, assolutamente. Ha carattere, sa farsi rispettare. In campo si fa vedere, vuole la palla, non si nasconde quando le cose vanno storte. È un giocatore sul quale puoi contare. Per un allenatore è l’ideale”.
La Roma è partita bene, può avvicinarsi al record che ancora ti appartiene, dieci vittorie di fila, da inizio campionato… “Magari riuscisse a batterlo. Però sono state giocate solo due partite, è un po’ presto, bisogna aspettare soprattutto perché ci saranno alcuni scontri diretti nelle prime partite. La Roma ha cominciato bene in tutte le competizioni, non so quanto sia positivo fare la Conference League, ma può aiutare a coinvolgere tutta la rosa e questo è importante”.
Un record che non hai dimenticato… “Sono legato a quel ricordo. Ho in mente tutte le dieci vittorie, anche l’undicesima a Torino, dove dovevamo vincere. Ricordo anche la decima, contro il Chievo, faticammo e il gol di Borriello arrivò alla fine. Ricordo ognuna di quelle bellissime vittorie. Avevamo una squadra che aveva voglia di riscattarsi, una squadra tecnica, completa, con tanti guerrieri. Fu una grande stagione. A Roma mi è mancato solo una una vittoria, il primo anno ci eravamo vicini”.
L’anno dopo la serie si interruppe a Torino dopo cinque giornate contro la Juve. Parlami del violino… “Eravamo avanti, poi la Juve segnò il gol del pareggio ma c’era fallo su Benatia. Fu un gesto istintivo, io ho sempre difeso i club dove ho allenato. In quel caso non ho sopportato un’ingiustizia, una grande ingiustizia. Un gesto elegante? Lascio a voi l’interpretazione”.
Oggi la Roma può tornare in Champions? “C’è molta concorrenza in Italia. Il campionato è molto aperto. All’Inter è arrivato Dzeko, ma ha perso Lukaku, ha cambiato allenatore. Sono molto curioso di vedere cosa succede. Il Milan è tornato, non si qualificava in Champions da molto tempo, ci sono altre grandi squadre, il Napoli, Lazio e l’Atalanta, che non è più una sorpresa. La Roma dovrà vedersela con loro”.
Sei stato l’ultimo allenatore che è riuscito a gestire Totti… “Il capitano era ancora un grande giocatore, è sempre stato un fuoriclasse, prima di me, con me e dopo di me. Uno come Francesco non lo avevo mai incontrato. Vede tutto prima degli altri, nessuno è come lui. Ha un tiro formidabile. Sono molto fiero di essere stato il suo allenatore, ci mandiamo ancora messaggi, spero di venire a Roma per incontrarlo”.
Che impressione fa la Roma senza Totti e De Rossi? “È strano ma c’è un tempo per tutto. Sono giocatori immortali perché hanno fatto la storia dell’Italia e di Roma, sono stati campioni del mondo, ma poi ci deve essere qualcuno che prende il testimone. È toccato prima a Florenzi, ora a Pellegrini. I giocatori cresciuti nel vivaio li ho sempre valorizzati in tutti i club dove sono stato. Hanno l’amore per la maglia, capiscono certe sfumature”.
Florenzi lo spostasti terzino, il ruolo con cui è arrivato in Nazionale. “Non fu la prima volta, è una mia specialità. Penso a Mathieu Debuchy al Lilla, a Bouana Sarr, che oggi è al Bayern Monaco. I terzini sono i primi attaccanti nel mio gioco, loro sono giocatori offensivi che si sono abbassati”.
Che ne pensi dei Friedkin? “Non leggo loro dichiarazioni, ma so che sono molto presenti. Il loro modo di fare mi piace, non parlano molto ma agiscono. L’ultima estate dimostra questo: l’arrivo di Mourinho, l’aver costruito una squadra forte”.
Mourinho è sempre Mourinho? “Con gli anni qualsiasi persona ha più esperienza, ma è un allenatore che ha vinto dappertutto, di grande livello. Questo non cambia negli anni”.
Abraham e Shomurodov fanno sognare i tifosi: ti piacciono? “Sono complementari, possono giocare insieme. Hanno cominciato molto bene”.
Alla Roma hai avuto un presidente come Pallotta che non era presente come Friedkin… “Fino a un certo punto ho avuto un buon rapporto con i dirigenti. Poi penso che non avessero gradito una frase che dissi dopo l’ultima partita del secondo anno, quando arrivammo ancora secondi. Dissi che il gap con la Juve era incolmabile, era la verità. Anche alla terza stagione eravamo primi a ottobre, poi troppi pareggi, ma ero convinto che avremmo potuto raggiungere ancora la Champions. Ma le cose sono andate in un altro modo. Io mi tengo solo i bei ricordi, mi piacerebbe un giorno tornare ad allenare la Roma, o anche altrove, in Italia. Amo la lingua, il Paese, la serie A”.
FONTE: Il Corriere dello Sport – G. D’Ubaldo