Nell’ufficio ha conservato i giornali dell’autunno 2016, quando stava per essere cacciato dall’Atalanta. Gian Piero Gasperini ricorda con orgoglio quel periodo, determinante per la sua carriera. Era appena arrivato, aveva perso quattro partite su cinque. Ma la settimana dopo a Crotone, una città che conosce bene avendola condotta alla promozione in Serie B alla prima esperienza in un campionato pro, capì attraverso un convincente 3-1 che fosse opportuno osare. La settimana dopo a Bergamo arriva il Napoli. E Gasperini pesca dal laghetto di Zingonia tre pesciolini sconosciuti: il terzino Conti, il difensore Caldara, il centrocampista Gagliardini.
Conti, Gagliardini e Caldara, i giovani prodotti home made, finiscono rispettivamente a Milan, Inter e Juventus per circa 75 milioni complessivi. Non diventeranno mai bravi come il contesto creato da Gasperini lascerebbe credere. Forse il carattere da generale fumantino nasce dopo la delusione dell’Inter. Napoleone durò 100 giorni tra l’uscita dall’Isola d’Elba e la definitiva capitolazione, Gasperini ad Appiano soltanto 73, trovando la sua Waterloo sul campo sintetico di Novara, nel suo amato Piemonte.
La lucidità del resto è indispensabile nelle decisioni. Ne avrà fatto tesoro Dan Friedkin dopo il frettoloso allontanamento di De Rossi, in quel caso dopo 4 giornate di campionato. Gasperini ha chiesto anche di questo strappo al presidente, nel meeting di Firenze che ha condotto all’accordo. Gli è stato garantito il tempo necessario per imporre la sua mentalità e la sua cultura.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida











