Che il personaggio sia divisivo non servivano a ribadirlo i sondaggi radiofonici e social che hanno caratterizzato ieri tutta la giornata di Radio Romanista, dopo che – nell’edizione del nostro quotidiano di ieri mattina – abbiamo raccontato come la candidatura di Gian Piero Gasperini sia oggi particolarmente autorevole in virtù dei diversi contatti che ci sono stati tra il tecnico, Ranieri e il direttore sportivo Ghisolfi e l’ascendente che l’allenatore piemontese vanta nei confronti dei proprietari della Roma.
I Friedkin, come capita spesso agli imprenditori americani soprattutto quando si accostano al calcio, guardano molto all’effetto ma poi non sono particolarmente abili a comprenderne appieno le cause. Per meglio dire, in ogni ambito delle loro attività professionali i proprietari della Roma hanno dimostrato di poter raggiungere l’eccellenza e se ne fanno giustamente vanto.
Nell’industria automobilistica, cinematografica e turistico-alberghiera hanno raggiunto risultati, e fatturati, enormi. Ma il calcio, per fortuna e purtroppo, è un’altra cosa e lo stanno scoprendo anche loro sulla loro pelle. Niente di male se gli errori vengono riconosciuti e sanati con rapidità, facendone tesoro. Ma è davvero così?
L’effetto di cui si sono innamorati i Friedkin è quello che hanno visto a Dublino lo scorso anno quando l’Atalanta ha demolito il Bayer Leverkusen nella finale di Europa League, annichilendo uno squadrone che aveva vinto la Bundesliga, battendo più volte anche il Bayern Monaco, ed era arrivato alla finale di Europa League, senza perdere mai una partita per tutta la stagione.
Contro i nerazzurri, all’atto finale, sono sembrati una squadra primavera contro una di adulti. E quando la Roma, subito dopo essere stata eliminata proprio dal Bayer, è andata a Bergamo a giocarsi le residue chances di qualificazione in Champions League l’evidenza del campo è stata talmente lampante da lasciare il segno. Ma qual è la causa che ha portato Gasperini ad ottenere il massimo alla sua nona stagione sulla panchina dei bergamaschi, portando in bacheca il primo e finora unico trofeo della sua carriera? La risposta sta proprio in quei nove anni di programmazione, partiti peraltro con quattro sconfitte consecutive che all’alba del campionato 2016/2017 avevano reso improvvisamente fragile l’(appena cominciata) avventura di Gasperini su quella panchina.
Il tecnico trovò immediatamente una soluzione: via tutti i giocatori un po’ usurati e contrari ai nuovi metodi, dentro i nuovi talenti e vediamo come va. La società, a quel punto, aveva due strade: seguire l’allenatore con fiducia praticamente cieca o mandarlo via sulla scorta di risultati e probabilmente statistiche di quelle prime quattro partite deprimenti. Percassi, non a caso ex giocatore professionista e dunque presidente molto competente (quasi un’eccezione nel nostro calcio), scelse la strada della fiducia e dopo nove anni ne ha raccolto i frutti, passando attraverso diversi incidenti di percorso e stagioni, spesso comunque esaltanti, terminate senza trofei, anche quando la forza della squadra sembrava in grado di poterne garantire (ricordiamo ad esempio le tre finali di coppa Italia perse).
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco