La conferma è arrivata ieri pomeriggio quando è stata annunciata la conferenza stampa di oggi alle 12. Ivan Juric sarà sulla panchina della Roma domani sera nella gara di campionato contro il Torino. Nessuno scossone, dunque, e per la verità il rumore del silenzio, dai minuti successivi al fischio finale di Firenze a oggi, altro non poteva essere che una conferma per il tecnico croato. Per convinzione? Per arrivare alla prossima sosta? Per tirare a campare? Per mancanza di soluzioni alternative? Tutto può essere con la famiglia Friedkin al comando. La medaglia però si è rovesciata rispetto ai primi tre anni di permanenza nella Capitale degli imprenditori texani con origini californiane.
Una volta «tutto è possibile» faceva sognare, oggi è un incubo per i tifosi giallorossi (qualcuno, per dire, si è realmente spaventato solamente a vedere un frame televisivo con Ballardini vicino a Soulé in tribuna a Firenze).
Ma torniamo alle domande: c’è la convinzione di proseguire con Juric – descritto non molto sereno, per usare un eufemismo – e con uno spogliatoio descritto dagli spifferi interni a dir poco in subbuglio? Da quale esperto di calcio può essere considerato un brutto incidente di percorso il deserto del Franchi, con una prestazione surreale? Quanti altri punti si devono perdere per strada prima di sentire un colpetto di tosse provenire dall’aldilà dell’Oceano? Tutto tace. (…)
Eppure la squadra la soluzione l’ha indicata anche pubblicamente: non tanto con la prestazione invereconda di Firenze, ma anche nelle parole stesse del capitano con il chiaro riferimento alla perdita dell’orientamento dopo sole quattro giornate. Leggasi: De Rossi è la soluzione, ma non è stato mai contattato (tanto meno a New York dove è in vacanza con la famiglia). Così come Ranieri, mai chiamato. Il ritorno del 16 sarebbe con tutta probabilità la soluzione più semplice a livello contrattuale, tecnico (vorrebbe dire non cambiare del tutto, ma aver perso i famosi 40 giorni «positivi» di Juric), ma anche mediatico.
I Friedkin che in passato hanno mostrato una sensibilità al consenso fuori dal comune (basti pensare alla chiamata De Rossi per placare l’ira della cacciata di Mou) dovrebbero mettere sul piatto della bilancia gli effetti benefici di un passo indietro che significherebbe anche chiedere scusa (qualcuno sogna l’aereo presidenziale con DDR a bordo in volo su Ciampino, come ai vecchi tempi) e il prezzo di ammettere di aver sbagliato. C’è chi ritiene che assecondare la squadra sarebbe troppo poco americano. Ma qual è il bene della Roma, che rischia di affondare con tutto l’equipaggio? In con tanto silenzio si fa strada anche la terza via: cambiare ancora allenatore, ricorrendo a qualche marziano, più o meno emergente o navigato è da vedere, ma pur sempre marziano.
Da qui l’esigenza di temporeggiare in vista di un casting più ampio? Intanto i Friedkin, contrariamente ad alcune voci che li davano rientrati a Roma, non hanno in programma viaggi nella Capitale. E sarà contento Juric, visto che di recente, quando ripassano da queste parti è per tagliare teste. Al momento, mentre si rincorrono contemporaneamente voci di cessione della società (vincolate anche all’ok definitivo per Pietralata) e di fedeltà assoluta al progetto, e mentre una città intera si interroga sul futuro del proprio amore e del loro business, il loro aereo privato è localizzato tra New York e la California. Dunque come si suol dire, sono in altre faccende affaccendati. (…)
FONTE: La Romanista – G. Fasan