Un gruppo compatto e coeso che si gode i frutti di un lavoro duro, quotidiano e meticoloso. Ora arriva il Napoli, con un’unica grande missione E proprio da qui bisogna ripartire per capire la portata del fenomeno. Gasperini non ha avuto il lusso della “squadra fatta su misura”. Niente lunghi cicli, niente mercato modellato anno dopo anno. Ha trovato un gruppo assemblato per Mourinho, ritoccato per De Rossi, ereditato quasi per intero. Eppure, nel giro di pochi mesi, lo ha trasformato in un collettivo che corre, pressa, si sacrifica e soprattutto crede: crede in un’idea di calcio che ti esalta solo se la sposi fino in fondo.
Non è un miracolo: è un capolavoro artigianale. Uno di quelli in cui vedi la mano del maestro in ogni dettaglio, dalla costruzione alla ferocia con cui la squadra si butta in avanti per recuperare subito il pallone. La Roma oggi è una creatura viva, vibrante, a tratti feroce. Una squadra che si gode i frutti di un lavoro duro, quotidiano, meticoloso. E che sa benissimo che arriveranno inevitabili scivoloni lungo la strada. Ma se continui a seguire ciecamente il tuo allenatore, se ti fidi della direzione che ha tracciato, allora sì: puoi davvero divertirti.
E allora lo scudetto? Calma. Sognare non costa nulla, e Roma lo sta facendo con la leggerezza di chi non ha nulla da perdere. Ma la realtà racconta di rose più profonde, di avversarie costruite con altri budget e altre ambizioni. Per questo Gasperini predica una sola regola: passo dopo passo. Prima il grande obiettivo del ritorno in Champions, poi andare il più lontano possibile in Europa League e, perché no, provare a riportare a casa quella Coppa Italia che sembra davvero alla portata.
La Roma sogna, e fa benissimo: sogna solo chi ha la coscienza tranquilla di chi ha sudato ogni punto. Dodici anni che non si vedeva la squadra lassù dopo dodici giornate: un terzo del campionato è passato, e la classifica non mente. Ora arriva il Napoli, con un’unica grande missione: non svegliare la Roma. E tantomeno i suoi tifosi, che da qualche settimana hanno ricominciato a guardare in alto. Molto in alto.
FONTE: Il Corriere dello Sport – J. Aliprandi











