Romelu Lukaku che doveva tornare all’Inter ma ha scelto un’altra strada; Lukaku per il quale la Juve ha investito inutilmente 5 mesi di lavoro; Lukaku che andebbe bene per una squadra ma non per l’altra (quante ne abbiamo lette e sentite nell’ultimo mese e mezzo); Lukaku che ha detto no a 120 milioni arabi; Lukaku ancora giovane a Milano, ma non più tanto a Torino; Lukaku richiesto a più riprese e mai avuto da Allegri, preteso e ottenuto da Conte per vincere lo Scudetto (e l’ha vinto), inseguito e allenato un solo anno da Simone Inzaghi (“L’avrei rivoluto, ha scelto diversamente”);
Per la Roma di Mourinho due volte finalista in Europa, Lukaku rappresenta una botta di culo, perdonate il francesismo. Non potrà darle lo scudetto perché la squadra non è attrezzata per vincerlo, ma restituisce ai tifosi quella sensazione di grandezza che prima Mou e poi Dybala sono stati in grado di trasmettere. Troppe variabili possono complicare la stagione (i giocatori-chiave non sono in grado di garantire la completa efficienza fisica, le ripetute incertezze di Rui Patricio, il potenziale non ancora espresso di Kristensen), ma questo sorprendente colpaccio dà un senso a tante cose.
L’arrivo di Lukaku a Roma è quindi un grande regalo dei Friedkin ai romanisti e all’intero sistema, che adesso acquista più valore. Big Roma andrà bene?, andrà male? In queste ore conta soltanto una cosa: l’ondata di emozioni che ha sollevato. Da qualche ho letto che l’entusiasmo non si preoccupa delle piste d’atterraggio.
FONTE: Il Corriere dello Sport – I. Zazzaroni
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