Centodieci presenze europee condite da ventiquattro reti, cinquantuno gettoni soltanto in Europa League, impreziositi da un trionfo con suo gol in finale. Numeri super anche nelle coppe per Henrikh Mkitaryan. L’armeno sarà il veterano di coppa cui Fonseca affiderà il timone della squadra nella prima sfida contro lo Shakhtar. Un club che entrambi conoscono bene, per via di percorsi analoghi, sia pure in differenti periodi: tre stagioni a testa in Ucraina per tecnico e fantasista, sette trofei ciascuno.
Proprio da quelle parti hanno messo insieme anche le prime esperienze nei tornei continentali. Di esperienza ci sarà bisogno, soprattutto in assenza di Edin Dzeko, che potrà rientrare nella migliore delle ipotesi soltanto nella gara di ritorno in Ucraina. Ma gran parte della qualificazione ai quarti si costruisce nel primo atto, in scena domani sera all’Olimpico.
La Roma dei giovani già grandi, dei Mancini, dei Cristante e dei Pellegrini, torna dunque ad affidarsi a Micki. Il numero 77 è stato risparmiato nell’ultimo turno di campionato contro il Genoa (anche se è subentrato nel finale di gara) dopo un tour de force che nel 2021 lo aveva visto in campo in dodici occasioni su tredici. La flessione di rendimento enfatizzata da più parti, ma evidente solo a Firenze, era in realtà fisiologica.
L’armeno ha abituato tutti (fin troppo) bene, soprattutto nella stagione in corso: undici gol e altrettanti assist in tutte le competizioni ne fanno il giocatore che più di chiunque partecipa in modo determinante alle reti realizzate dalla Roma. Non è un caso che il rinnovo del suo contratto sia in cima alla lista stilata da Pinto: la volontà di entrambe le parti coincide nel proseguire insieme, anche se l’accordo ancora non è stato ratificato.
In attesa che l’avventura in giallorosso possa avere il seguito che merita, Mkhitaryan resta comunque uomo imprescindibile per la squadra. E allora che il mese di febbraio sia trascorso senza il suo timbro sui gol romanisti può aver creato un po’ di stupore, forse anche di preoccupazione. Ma già quella mezz’ora col Genoa ha certificato che Henrikh aveva bisogno soltanto di tirare un po’ il fiato.
Contro i rossoblù ha rimesso in mostra gran parte dei pezzi del repertorio: fra tutti, quell’innata capacità di rubare il tempo agli avversari anche laddove sembra impossibile. Qualità che può essere molto utile di fronte a una squadra come lo Shakhtar, capace di chiudersi a riccio come accaduto a San Siro con l’Inter e di piegare il Real Madrid (salvo subire epiche goleade come quelle col Gladbach).
Sarà un tuffo nel passato per Micki, che con la maglia arancionera si è messo in luce sotto la guida di Lucescu, da trequartista e perfino da centrocampista centrale, spiccando il volo verso i più importanti campionati del continente. Prima di trasferirsi a Dortmund agli ordini di Klopp, si è tolto anche la soddisfazione di centrare i quarti di Champions con il club di Donetsk, eliminando negli ottavi proprio la Roma, nel secondo dei quattro incroci fra le due squadre sanciti dall’urna di Nyon. (…)
FONTE: Il Romanista – F. Pastore