Se ha lasciato sfiorire la trattativa con il texano Dan Friedkin, James Pallotta lo ha fatto per due motivi: gli fa quasi male lasciare da sconfitto una Roma che gli ha regalato quella vetrina mediatica che non aveva mai avuto e poi perchè è convinto di chiudere l’operazione ad un prezzo migliore dei 490 milioni offerti dal Friedkin Group (lui e i suoi soci avrebbero incassati “solo” 220, al netto dei 270 milioni a copertura del debito).
Pallotta continua a guardarsi intorno e, tramite alcuni mediatori, ha incrociato la strada di Joseph DaGrosa, ex proprietario del Bordeaux che comprò per 114 milioni nel 2018 insieme alla società King Street, cui a dicembre ha poi ceduto le quote.
Anche DaGrosa, come Pallotta, gestisce un fondo di private equity, il General American Capital Partners di Miami. In più anche lui ha origini italiane: in Basilicata il suo cognome è moderatamente diffuso. Joe Tacopina, ex vicepresidente giallorosso, è un contatto condiviso da entrambi. Soprattutto, DaGrosa ha un progetto: creare un network di società sul modello del City Football Group (la holding che controlla Manchester City e New York City, fra le altre), magari attraverso una piattaforma unica da realizzare insieme a Pallotta in cui far confluire il controllo di varie società. F
Presto per dire se davvero andrà in porto questo percorso, ma Pallotta è obbligato a trovare soluzioni. A settembre gli amministratori della società avevano presentato un progetto di rilancio che aveva riportato entusiasmo con il tecnico Fonseca, un mercato meno invasivo, l’exploit dei giovani Zaniolo e Pellegrini. Oggi, senza interventi, il rischio è di doverli vendere, o comunque disconoscere il piano che invece prevedeva di stabilizzare la rosa, cedere gli esuberi e un solo titolare (Under) per acquistare un centravanti (l’ex Juve Moise Kean) e un terzino destro.
FONTE: La Repubblica – M. Pinci